A volte l’ideologia può far perdere il senno. È quello che, a parere di chi vi scrive, è accaduto alla redazione de “il Manifesto”, quotidiano comunista (nel senso reale ed economico del termine, non certo politico), nelle edicole da 37 anni, ed una delle pochissime voci realmente libere esistenti in questo paese. Capita, però, anche ai migliori di prendere un abbaglio.
Il quotidiano, fondato nel 1971 da una costola di dissidenti dell’allora Partito comunista, versa da sempre in condizioni economiche disastrose. Vuoi per la scelta coraggiosa ed apprezzabile di non vendersi a nessun editore (e quindi autofinanziarsi con pubblicità, poca, ed “offerte” dei lettori), vuoi per il ferreo rispetto del modello comunista in redazione, “il Manifesto” si trova continuamente a dover dipendere da sottoscrizioni, spesso incoraggiate da vere e proprie campagne, come l’attuale “Fateci uscire”. A volte, poi, chiede un ulteriore sforzo ai propri lettori assidui, uscendo una tantum con edizioni straordinarie, a prezzi straordinari. Nel 1980 uscì un numero del quotidiano al prezzo di 500 lire; nel 1983 arrivò a costare 10 mila lire, necessarie per salvare il bilancio; nel 1997, il 19 agosto i lettori dovettero sborsare ben 50.000 lire per acquistarlo. Domani “il Manifesto”, al termine della campagna di sensibilizzazione “Fateci uscire”, sarà in edicola al prezzo di 50 euro, con un numero speciale, che di speciale non avrà solo prezzo e contenuti. Già, il numero di domani del quotidiano romano avrà di speciale anche il direttore. Simbolicamente, infatti, il reale direttore Gabriele Polo e la redazione intera hanno deciso di concedere una sorta di direzione “ad honorem” a Montazer al Zaidi, il giornalista iracheno salito alla ribalta della cronaca internazionale per aver tirato per ben due volte una scarpa addosso a George W. Bush e che ora rischia sino a 15 anni di carcere. Il valore simbolico del gesto di al Zaidi può essere opinabile, condivisibile o meno. Ciò che di opinabile ha ben poco è, altresì, la punizione che lo aspetta e che presumibilmente sarà dura e sproporzionata. Certo è che oramai questo, fino a ieri l’altro, sconosciuto cronista si è tramutato, davanti all’opinione pubblica mondiale, in un simbolo dell’antiamericanismo islamico, ma non solo. Come il caso de “il Manifesto” evidenzia, infatti, molte “sinistre”, europee e non, lo hanno eretto anch’esse a paladino della propria lotta anticapitalista al gigante americano. O, perlomeno, al gigante americano che George W. Bush impersonava. Non dimentichiamo, infatti, che tra poco più di un mese il “mostro” sarà guidato da un certo Barack Obama, che di certo a sinistra non suscita antipatie. Per ora. (Giuseppe Colucci per NL)