Nonostante il mercato italiano delle telecomunicazioni goda di buona salute, il ramo dedicato alla ricerca nel settore non può vantare la stessa vivacità. A dichiararlo sono i dati europei raccolti da Industrial R&D Investment Scoreboard, secondo i quali il gestore telefonico di bandiera avrebbe investito, nella ricerca appunto e negli anni 2006 e 2007, solo lo 0,4% del fatturato totale. La cifra, considerata tra l’altro irrisoria e insufficiente a permettere dei progressi significativi a Telecom, corrisponderebbe ad una diminuzione di investimenti, rispetto al 2006, del 26% circa. Secondo gli esperti la causa di questo trend negativo può derivare da almeno due fattori distinti: il primo è quello riguardante le grosse fusioni tra società che, inevitabilmente, generano il declino degli investimenti sulle reti nazionali; al contrario, il secondo aspetto si riferisce all’ingente riduzione degli investimenti da parte di Telecom Italia che, in base ai dati citati in precedenza, ha provocato
un netto distacco nei confronti delle società concorrenti in Europa. E secondo quanto riportato dalla classifica ufficiale europea stilata da Industrial R&D Investment Scoreboard, la Gran Bretagna ottiene il primo posto senza temere concorrenti, con un aumento di investimenti del 53,9% rispetto all’anno precedente, per un totale di una spesa nella ricerca di 1.660 milioni di euro circa; seguono Francia, Spagna, Germania e Svezia, sebbene quest’ultima abbia avuto una diminuzione di investimenti del 13,4%. L’Italia mostra effettivamente il crollo peggiore e si dimostra preoccupata, non solo – come sottolineano animatamente i sindacati –dei disagi creati dalle fusioni, ma anche della concentrazione e dello sviluppo tipico dei paesi dell’est, della Cina e dell’India negli stessi settori. Paesi ,questi ultimi, a cui gli stessi grossi gestori europei stanno continuamente scegliendo di puntare per conquistare altre fette, metaforicamente più affamate, di tecnologia. (Marco Menoncello per NL)