Nell’attesa della pubblicazione del Piano di assegnazione delle frequenze DVB-T dell’Agcom, rivisto e corretto, si cominciano a delineare alcuni scenari per il futuro assetto del sistema televisivo italiano. Invero piuttosto inquietanti, almeno per gli operatori minori.
Posto che è sotto gli occhi di tutti come molti operatori di rete, dopo essersi azzuffati per conseguire la massima assegnazione possibile, abbiano dimostrato di non riuscire a sviluppare adeguatamente la risorsa frequenziale ottenuta e, a maggior ragione, a valorizzare opportunamente i multiplexer (allo stato pregni perlopiù di riempitivi di scarso appeal o di programmi fotocopia, distinti solo dalla numerazione LCN), pare evidente che il futuro delle tv locali sarà nel breve periodo di natura consortile, con prevedibili sollecitazioni alle aggregazioni e alle liquidazioni dal mercato (spinte dallo spauracchio della già ventilata asta delle frequenze mal impiegate). Il tutto in una logica convergenza con le esigenze dei provider telefonici, chiamati a potenziare i servizi Wi-Max dall’UE, che ha (per ora) suggerito la destinazione a tal fine delle frequenze tv alte (canali da 61 a 69 UHF) entro il 2015, in attesa poi di prescriverne tale impiego in maniera definitiva. Così, se pur è difficile che in Italia uno più uno faccia sempre due, è lecito attendersi che l’assegnazione dei diritti d’uso delle frequenze DVB-T (per definizione giuridica ”temporanei”) sia limitata ad un quinquennio, periodo nel quale sarà appunto spronata la concentrazione in attesa della contrazione delle frequenze disponibili per l’uso televisivo. La condivisione dei multiplexer, anche attraverso l’utilizzo di tecnologie in grado di far convivere più programmi di buona qualità sullo stesso canale (come il DVB-T2), sarà quindi l’obiettivo dell’amministrazione delle Comunicazioni italiana nel prossimo periodo. E i segnali che si andrà in tal verso non mancano, come dimostrano gli intenti di positivizzare nell’ordinamento giuridico norme tese a contrastare duramente l’inefficiente uso delle risorse frequenziali assegnate (per esempio non illuminando compiutamente l’area tecnica di spettanza) o il mancato sfruttamento della capacità trasmissiva (riempiendo i mux delle ridondanze editoriali di cui si è detto). Gli editori locali che avevano abboccato alle prospettive di un ricco (ricco?) futuro come venditori di banda DVB-T dovranno quindi ricredersi, rimboccarsi le maniche e cercare alleanze. Perché il futuro digitale tv sarà più stretto e breve del previsto. (M.L. per NL)