Se ne riparla dopo la gara per il dividendo digitale. O meglio, dopo la partenza delle cinque reti nazionali costruite sulle frequenze DVB-T assegnate a conclusione della gara stessa. Cioè, televisivamente parlando, tra un’eternità.
Ormai l’orientamento dell’Agcom (il MSE-Com si è chiamato fuori da tempo dalla deflagrante questione LCN) in tal senso è chiaro. L’art. 29 bis c. 10 dell’Allegato A alla delibera n 663/06/CONS prevede che “Nel disciplinare di cui al comma 6 l’Autorità stabilisce, altresì, sentite le parti interessate e tenendo conto delle abitudini dei telespettatori e delle esigenze di semplicità di uso dell’apparato di ricezione della televisione digitale terrestre la numerazione da applicare all’ordinamento automatico dei canali (LCN – Logical channel numbering) offerti su piattaforma digitale terrestre, indicando anche la numerazione che spetterà ai soggetti collocati nella graduatoria di cui ai successivi commi”, cosicché, onde evitare di far trovare agli assegnatari delle frequenze derivanti dal dividendo digitale una numerazione LCN già definita a livello amministrativo (con ciò determinando un’evidente disparità di trattamento per i nuovi entranti), non si può che attendere il quadro definitivo dell’assetto della tv numerica per regolare il sistema sotto tale profilo. Sennonché, abbiamo già scritto più volte, in Italia abbiamo una cultura giuridica insuperabile in tema di diritti acquisiti e di tutela delle situazioni di fatto, ragion per cui difficilmente l’equilibrio che inevitabilmente si sarà generato ora di allora potrà essere facilmente alterato (basti vedere cosa è successo dal 1975 ad oggi con le frequenze). Insomma, posto che tutti i tentativi di autoregolamentazione stanno andando, come del resto era prevedibile, a carte quarantotto (anche perché, come sempre, i big player propongono soluzioni ottimali solo per loro), varrà la legge suprema: chi primo arriva, meglio alloggia. E quelli cui interessava sono già arrivati.