L’ultimo editoriale (Falò di reti di carta), ha stimolato molte reazioni. Gli operatori che ci hanno scritto si sono sostanzialmente chiesti qual è la ratio della decisione del MSE-Com di valutare le assegnazioni digitali alle emittenti locali in funzione della copertura effettiva precedente allo switch-off e quali gli effetti.
Cerchiamo quindi di fare il punto della situazione. Come noto, la delibera 200/08/Cons, al comma 3 dell’art. 2 (rubricato “Criteri per la configurazione delle reti digitali terrestri e per il rilascio dei diritti di uso delle frequenze”), dispone che l’Agcom, per l’individuazione delle reti televisive digitali terrestri nelle aree "all digital", tenga conto di una serie di criteri. I più interessanti di questi, per quel che qui c’interessa, sono: consentire la continuità della trasmissione dei programmi analogici anche in tecnica digitale (salvaguardando l’attuale servizio televisivo, a tutela dell’utenza); assicurare agli operatori di rete nazionali, legittimamente operanti, una copertura il più possibile uniforme e, comunque non inferiore, per ciascuna rete, all’80% del territorio e di tutti i capoluoghi di provincia; assegnare agli operatori di rete locali almeno 1/3 delle frequenze disponibili, ovvero almeno 1/3 della capacità trasmissiva disponibile nell’area, ferma restando la salvaguardia degli investimenti effettuati da tutti gli operatori; garantire la disponibilità di risorse frequenziali per l’ingresso nel settore televisivo di nuovi operatori di rete. Balza all’occhio da ciò una prima disparità di trattamento tra emittenti nazionali e locali: alle prime si assicura la copertura del territorio non inferiore all’80%, mentre alle seconde un generico 1/3 delle frequenze disponibili o, addirittura, 1/3 della capacità trasmissiva disponibile. Il che, tradotto, significa che mentre le nazionali minori ottengono generalmente di più di quel che avevano, alle locali è promessa la spartizione di 1/3 della torta frequenziale, con l’opportuna via di fuga per il MSE-Com, in caso di penuria frequenziale, di giocare sulla ripartizione della capacità trasmissiva, potendo fare impiego, alla peggio, dell’assegnazione di multiplex da ripartire tra più soggetti. Li vedete gli editori locali che non riescono a mettersi d’accordo nemmeno sui numeri LCN gestire in comproprietà un medesimo bouquet? Ma c’è anche di peggio. Le successive delibere dell’Agcom recanti i Piani di assegnazione delle frequenze per il servizio DVB-T nelle singole aree tecniche calendarizzate per lo switch-off, dall’Area tecnica 1 (Torino e Cuneo) in poi, riportano quale primo criterio di assegnazione dei diritti d’uso la preventiva valutazione “delle aree di servizio relative agli impianti legittimamente eserciti alla data del 19 dicembre 2008, riscontrate attraverso i dati comunicati al catasto dell’Autorità e validati dagli organi competenti”. La prima considerazione a riguardo di questa pericolosissima (per le emittenti locali) novella è relativa alla data del 19 dicembre 2008, identificativa del tavolo tecnico dell’area tecnica 1 e che pertanto non si capisce bene in base a quale principio giuridico sia stata elevata a punto zero per l’intero panorama nazionale (così congelando per quattro anni le aree che switcheranno nel 2012), quando sarebbe stato più logico fotografare il quadro radioelettrico di ciascuna area all’apertura del relativo tavolo tecnico. In realtà, la motivazione della fotografia retrodatata introdotta dalla Delibera 294/09/Cons (“Piano di assegnazione delle frequenze per il servizio di radiodiffusione televisiva in tecnica digitale nell’area tecnica del Piemonte occidentale, corrispondente alle province di Torino e Cuneo”), alla quale abbiamo già dedicato attenzione nel recente passato, va più probabilmente ricercata nel tentativo di frenare la proliferazione di nuovi operatori di rete che, soprattutto dal 2008, usufruendo delle opportunità della L. 101/2008, hanno rilevato impianti digitali da concessionari o autorizzati, garantendosi un ticket per l’assegnazione dei diritti d’uso e moltiplicando così gli aspiranti alle fette della torta frequenziale. La seconda considerazione attiene all’ambiguo termine “servizio”, che dovrebbero essere inteso (secondo un’interpretazione autentica dell’Agcom) come analitico dell’illuminazione effettiva degli impianti (anzi, dell’emittente, visto che il calcolo è fatto sul complesso dei diffusori), cioè al netto delle interferenze che ne riducono la portata. Tuttavia, qualcosa, sul piano giuridico, non torna. E si tratta non di cosa di poco conto, ma (perlomeno) di un vizio di legittimità grande come una casa, che potrebbe contaminare i provvedimenti di assegnazione. Trattasi di eccesso di potere, che nel caso di specie, si concreta nelle figure sintomatiche della disparità di trattamento (che si verifica quando la P.A. regola in maniera diversa casi che dal punto di vista oggettivo e soggettivo si palesano in maniera identica) e della contraddittorietà tra più atti successivi (che si realizza quando più atti consecutivi della P.A. hanno contenuto ineguale o incoerente e la contraddittorietà è tale da impedire la manifestazione di volontà dell’amministrazione). Nel merito, se è vero che le emittenti locali non possono vantare un interesse legittimo a conseguire attraverso le assegnazioni digitali un servizio maggiore di quello che avevano prima dello switch-off (cioè gli utenti raggiunti dagli impianti legittimamente eserciti con un segnale qualitativamente idoneo alla visione del programma), come è possibile che ciò sia consentito ad alcune reti nazionali, e segnatamente a quelle “di carta” (cioè dotate di una copertura attraverso impianti di proprietà di gran lunga inferiore rispetto a quella prevista per definirsi tali)? Tali soggetti, con l’assegnazione, passano, infatti, da coperture risibili (anche di poche decine di punti percentuali di illuminazione del territorio nazionale) a illuminazioni demografiche praticamente complete (80%)? Ma, soprattutto, come la mettiamo con Europa 7, che di impianti non ne aveva e quindi non poteva definirsi "operante” ai sensi del comma 3 dell’art. 2 Del. 200/08/Cons? Delle due, quindi l’una: o non è vero che le emittenti locali e le nazionali hanno parità giuridica (e allora ricadiamo nell’incostituzionalità della norma primaria e mandiamo a carte quarantotto l’intera procedura di assegnazione) o diamo atto che il principio della tutela del solo servizio effettivo si deve applicare ad entrambi. O a nessuno. ([email protected])