Le premesse salienti della Delibera dell’Agcom n. 647/09/Cons sono, a nostro avviso, due: la delibera n. 435/01/CONS recante "Approvazione del regolamento relativo alla radiodiffusione terrestre in tecnica digitale" e la comunicazione di DGTVi del 17/11/2009, impulsiva del provvedimento.
Della prima viene in rilievo l’art. 29-bis, comma 10, introdotto dalla delibera 109/07/CONS, secondo il quale: “Nel proporre piani di guida elettronica ai programmi anche costituite da semplici piani automatici di ordinamento dei canali della televisione digitale terrestre, satellitare o via cavo, gli operatori, fermo restando il diritto di ciascun utente a riordinare a piacimento i programmi offerti secondo quanto previsto dalla delibera n. 216/00/CONS, tengono conto delle esigenze di semplicità di uso dell’apparato di ricezione e delle abitudini e delle preferenze dei telespettatori, ed applicano condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie nei confronti di tutti i fornitori di contenuti. In particolare non effettuano discriminazioni nei confronti dei fornitori di contenuti indipendenti e dei fornitori di contenuti a livello locale. L’Autorità garantisce il rispetto di tali condizioni ai sensi dell’art. 42, comma 5, del Codice delle comunicazioni elettroniche anche intervenendo, ove giustificato, di propria iniziativa”. Dalla seconda impatta il fatto che di DGTVi fanno parte i maggiori player nazionali (Rai, Mediaset e Telecom Italia Media), cioè coloro che occupano da tempo i logical channel number da 1 a 7, in maniera pacifica, sull’intero territorio nazionale. Nell’avviare l’istruttoria, ai sensi dell’art. 5 del regolamento approvato con delibera n. 646/06/CONS, finalizzata “alla verifica del rispetto dei principi di cui all’articolo 43 del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 in merito all’accordo sull’ordinamento automatico dei canali della tv digitale terrestre notificato all’Autorità dall’associazione DGTVi”, l’organo di garanzia nelle tlc, effettua alcune significative considerazioni che val la pena di riassumere. Anzitutto, ricorda Agcom, “L’ordinamento automatico dei canali permette agli apparati riceventi che implementano tale prestazione di ordinare i programmi in maniera automatica secondo il numero progressivo che gli operatori attribuiscono ai canali/servizi in modo da consentire all’utente di visualizzare i programmi secondo un ordine predefinito, fatta salva la possibilità di quest’ultimo di riordinare a piacimento i programmi offerti. Tale funzione, tanto più nella delicata fase di passaggio dalla tecnologia analogica a quella digitale terrestre, rappresenta un servizio importante volto ad agevolare l’utente ad orientarsi tra i numerosi canali digitali a disposizione ed a consentire una fruizione completa di tali programmi attraverso un “aiuto di base”. Invero, il supporto all’utenza richiamato da Agcom non è cosa nuova, risalendo addirittura a circa 15 anni fa, allorquando, con la direttiva comunitaria n. 95/47/CE, i governi europei erano stati invitati a garantire all’utenza televisiva una fruizione completa dei programmi attraverso, appunto, un "aiuto di base". Come abbiamo avuto modo di scrivere in più di un’occasione, ciò era il seme del (mai nato) “decoder-unico”, che, a dispetto di quel che qualcuno sostiene, non dovrebbe essere solo un "banale" ricevitore multipiattaforma (sat, dtt, cavo), ma uno standard di decoder dotato di uno schema comportamentale tendenzialmente unico (quindi a prescindere dal modello), un po’ come, senza una coazione normativa, sta accadendo col telecomando. Un "aiuto di base", quindi, che alla bisogna è stato finalmente spolverato (peccato che non lo sia stato quando si trattava di convincere Sky ad "aprire" i codici del proprio ricevitore a beneficio degli utenti e della concorrenza…). Un’altra considerazione preliminare rilevante effettuata da Agcom consiste nel fatto che “nella televisione digitale terrestre, a fronte di un’offerta di programmi più ampia rispetto alla televisione analogica, elementi di possibile successo della singola attività d’impresa sono, tra l’altro, rappresentati dalla facilità e rapidità di selezione del programma da parte dell’utente e dal consolidamento di una determinata posizione da parte dell’emittente televisiva nell’ambito della numerazione. Da ciò discende la rilevanza, sul piano competitivo, dell’attribuzione di un determinato posizionamento numerico all’una o all’altra emittente nell’ordinamento automatico dei canali, perché da esso dipende la sua posizione all’interno della lista visualizzata dall’utente”. E fin qui nulla quaestio, quanto a concretezza di principio. Più astratto appare, invece, almeno ad avviso di chi scrive, il romantico richiamo a precetti antichi e meno della Corte Costituzionale a riguardo del pluralismo del sistema dell’informazione radiotelevisiva. La delibera giunge infatti a disseppellire la sentenza 826/1988 della Consulta che, anch’essa attualissima all’occorrenza, inneggiava alla “possibilità di ingresso, nell’ambito dell’emittenza pubblica e di quella privata, di quante più voci consentano i mezzi tecnici”. Il provvedimento non ha dovuto, invece, affondare più di tanto il badile nel solco del tempo per portare alla luce la sentenza 466/2002, che qui si assume avere il pregio di aver marcato che "l’obiettivo di garantire il pluralismo dei mezzi di informazione" era stato nel frattempo "sottolineato, in una prospettiva più ampia, anche a livello comunitario" con le direttive 2002/19/CE; 2002/20/CE, 2002/21/CE e 2002/22/CE. Ed è proprio davanti a cotanta riverenza verso il mai sufficientemente glorificato bisogno di pluralismo, che qualche perplessità sovviene. Può infatti una regolamentazione come quella prospettata da DGTVi che, coerentemente con la storia radiotelevisiva italiana degli ultimi 35 anni, fotografa l’esistente, essere considerata ossequiosa delle indicazioni del Giudice delle leggi e della delibera n. 435/01/CONS, nella parte in cui prescrive che non debbano essere effettuate “discriminazioni nei confronti dei fornitori di contenuti indipendenti e dei fornitori di contenuti a livello locale”? Può, tale principio regolatorio, essere la migliore soluzione per garantire "il pluralismo dei mezzi di informazione" nella misura in cui i maggiori player sono cristallizzati nello status quo mentre le tv locali e le nazionali di caratura inferiore, nella più benevola delle ipotesi, sono condannate ad una lotta intestina per il dominio delle prime fasce di destinazione numerica? Un esempio su tutti: essendo la proposta di DGTvi per natura statica e non dinamica (al variare del contenuto non cambia la numerazione, creando così una rendita di posizione), non si comprende come possa essere sostenuto l’equilibrio verso i nuovi entranti (per esempio i destinatari del “dividendo digitale”), che, giocoforza, troverebbero disponibili solo le numerazioni meno appetibili, in quando residuate dalla cernita degli operatori esistenti, creando così le premesse per un ipotetico futuro, ricco, mercato della compravendita delle posizioni LCN. Peraltro, la scelta di una ripartizione numerica dei programmi sulla base di una eredità analogica contrasta con una logica di catalogazione per argomenti, che invece dovrebbe contraddistinguere la maggiore offerta tv digitale (è tranquillamente verificabile attraverso l’esperienza di Sky come il sistema a tre cifre faciliti la segmentazione per contenuto dei programmi, a vantaggio dei fornitori di contenuti e degli utenti). Si auspica, pertanto, che quanto sopra sia oggetto dell’attenta istruttoria che Agcom condurrà entro i prossimi quattro mesi, durante la quale i soggetti interessati potranno partecipare “prendendo visione degli atti del procedimento, nei limiti previsti dal Regolamento concernente l’accesso ai documenti, approvato con delibera n. 217/01/CONS e successive modificazioni ed integrazioni, inviando memorie scritte, documenti e pareri sugli argomenti relativi all’istruttoria, nonché formulando richiesta di essere auditi, presso il responsabile del procedimento”. Un’istruttoria che magari consentirà di chiarire anche il senso del contenuto dell’art. 29-bis, comma 10, introdotto dalla delibera 109/07/CONS, che vorrebbe i "piani automatici di ordinamento dei canali della televisione digitale terrestre, satellitare o via cavo" attuati dagli "operatori" e non già dai fornitori di contenuti. Una stortura che andrebbe corretta, per evitare, per esempio, che un medesimo programma diffuso da più operatori di rete locali abbia LCN diversi nelle varie aree del territorio nazionale, con ricadute gravissime in termine di promozione all’utenza.