Si sa, ma non si dice. Però noi lo diciamo lo stesso: a Roma regna la confusione più completa. A pochi giorni dallo switch-over laziale non sono stati ancora convocati i tavoli tecnici regionali; i trasmettitori del DAB-T devono sloggiare per consentire la ricanalizzazione della banda III VHF, che ha il doppio fine di adeguarla al Piano di Ripartizione delle Frequenze europeo e di far posto a Europa 7, cui è stato destinato il nuovo canale VHF 8 (soluzione che, presentata come la panacea del caso Di Stefano, pare ora mostrare più controindicazioni che vantaggi). Se ciò non avverrà, l’emittente nazionale fantasma (di cui in verità da qualche mese non si parla più) non potrà iniziare le trasmissioni nel preventivato mese di luglio e il suo editore avrà un motivo in più per chiedere l’ennesimo risarcimento allo Stato, nuovamente inadempiente. Però gli operatori di rete del digitale radiofonico non ci stanno a mollare il certo (si fa per dire) per l’incerto (in Italia si sa quello che lasci ma non quello che trovi, sempre se lo ritrovi; soprattutto in tema di frequenze). Quindi di sloggiare dall’attuale allocazione non vogliono nemmeno sentir parlare e minacciano guerra giudiziale. Anche RAI ovviamente dovrebbe risintonizzare i canali VHF, ma per tutta una serie di motivi c’è il rischio che l’attività non venga conclusa entro il termine dello switch-over, creando un intoppo non indifferente per l’utenza. Insomma, Romani (MSE-Com) giura che tutto va bene e il sistema televisivo è sotto controllo, stringendo la mano a Calabrò (Agcom) per garantire un futuro di collaborazione piena tra i due enti delle comunicazioni. Ma fuori dalle ovattate aule di Viale America il mondo reale si attende lo tsnumani digitale.