di Marco Mele (Il Sole 24 Ore)
Un tetto alle reti digitali gestite da uno stesso operatore: lo chiede la commissione Ue all’Italia. «La gara per le frequenze digitali non può escludere gli operatori che hanno investito centinaia di milioni di euro» risponde Paolo Romani, sottosegretario all’Economia e allo Sviluppo con delega alle comunicazioni.
Per chiudere la procedura d’infrazione aperta contro l’Italia dalla commissione – contestando le norme che favoriscono gli operatori analogici rispetto ai nuovi entranti – il Ministero, d’intesa con l’Agcom, ha proposto di mettere in gara cinque frequenze per altrettante reti digitali nazionali (multiplex). Bruxelles prende atto che le regole italiane «non consentono di escludere a priori alcun operatore da una gara». Invita però Romani a introdurre un «criterio obiettivo» basato sul numero totale delle frequenze che ciascun operatore di rete può avere.
Un «tetto» al possesso delle reti digitali lo propose, durante l’approvazione della legge Gasparri, l’allora presidente dell’Antitrust Giuseppe Tesauro. Passò, invece, il limite al 20% dei programmi. Un “tetto” variabile, il cui rispetto o meno è costantemente “dimenticato” dall’Autorità per le comunicazioni.
Secondo Kroes e Reding, tale limite «dovrebbe essere «equivalente al numero massimo di frequenze che, allo switch off, siano nella disponibilità dell’incumbent con il più alto numero di frequenze». Se la frase «allo switch off» fosse interpretata come «al momento dello», il tetto chiesto dalla Ue sarebbe di tre frequenze per altrettante reti nazionali.
Un tetto ben inferiore alle sei reti a testa assegnate a Rai e Mediaset in Sardegna: che potrebbero crescere in caso di partecipazione alla gara per i cinque multiplex. Perché, tra l’altro, circoscrivere la gara delle cinque frequenze ai soli operatori nazionali e non anche a quelli locali?
La lettera dell’Ue, che mantiene aperta la procedura d’infrazione, rileva come le proposte italiane non garantiscano ai nuovi entranti adeguate modalità di accesso alle infrastrutture degli operatori esistenti. Si ricorda, infine, che i principi stabiliti dalla Corte di Giustizia europea nella sentenza del 31 gennaio 2008 «possono essere fatti valere» nell’assegnazione delle frequenze digitali.
Domanda finale: si troveranno in tutte le regioni le cinque frequenze da mettere in gara, rispettando la legge che vuole un terzo delle frequenze assegnate alle tv locali?
La Commissione chiede all’Italia limiti per i network gestito da uno stesso operatore.