L’epopea italiana del digitale terrestre continua: si avvicina la prossima tappa, scandita da un Decreto Legge (poi convertito in Legge n. 44/2012) emesso dal governo Monti nel lontano – non solo cronologicamente – 2012: ovvero, l’inizio del progressivo passaggio dallo standard DVB-T al DVB-T2.
A partire da gennaio 2015, infatti, tutti gli apparecchi televisivi dovranno essere provvisti di un sintonizzatore atto a ricevere quest’ultimo standard. La ratio della norma è ben riassunta dal titolo dell’art. 3 quinquies : “Misure urgenti per l’uso efficiente e la valorizzazione economica dello spettro radio e in materia di contributi per l’utilizzo delle frequenze televisive”. In sostanza, l’idea era quella che, adottando rapidamente il DVB-T2, si liberassero risorse frequenziali utili sia a risolvere gli innumerevoli problemi causati dallo switch-off analogico-digitale che a soddisfare la sete spettrale degli operatori dell’internet mobile. Come è noto però, dal dire al fare, soprattutto nel nostro paese, si stendono veri e propri oceani. In due anni, se si esclude la fallimentare esperienza di Europa 7, nessun broadcaster si è speso più di tanto nella sperimentazione del nuovo standard, e a tutt’oggi i sintonizzatori DVB-T2 rimarrebbero di fatto un accessorio inutile sui televisori di casa. La fatidica scadenza rischiava così di essere passata sotto silenzio. A dare un minimo di sveglia ci pensa ora l’Adiconsum, che, in un contributo inviato all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM), chiede di fatto un rinvio dei termini di applicazione della nuova norma, nonché un sostanziale ripensamento della stessa. Le motivazioni, che prendono spunto proprio da una valutazione alquanto spietata dell’arretratezza tecnologica dello scenario televisivo italiano, sono incentrate sull’ambiguità circa la codifica utilizzata per la trasmissione. Lo standard DVB-T2, infatti, prevede la possibilità di veicolare diversi codec, ma la norma non specifica quali debbano essere implementati dai produttori. In particolare, la questione riguarda le ultime due generazioni di algoritmi: lo standard attuale H.264 e il più recente H.265/HEVC. Parrebbero tecnicismi da addetti ai lavori, ma non è così, e non solo per evitare ai consumatori italiani ulteriori esborsi per apparecchi potenzialmente inutili. La chiave è, ancora una volta, quella dell’efficienza spettrale. La sola adozione del DVB-T2 con standard H.264 garantirebbe un guadagno di circa il 30% in termini di banda disponibile. Un paio di anni fa, la cosa poteva apparire accettabile e perfino desiderabile, soprattutto per trasmettere più canali in HD sul digitale terrestre. Oggi, con le frequenze a disposizione che diminuiscono di anno in anno (sotto la pressione dell’internet mobile) e lo strapotere del satellite nella programmazione HD, il gioco sembra non valere più la candela per i broadcaster. Solo un’adozione totale della nuova codifica H.265 potrebbe garantire spazi di manovra più ampi, grazie a tassi di compressione che promettono di risparmiare un’ulteriore 35% di banda mantenendo la stessa qualità. Sullo sfondo rimane però il problema dei problemi: per realizzare la massima efficienza e ottimizzare l’investimento (modificare gli standard di trasmissione di una rete televisiva digitale non è uno scherzo) occorrerebbe che tutti gli attuali canali venissero riconvertiti. Ecco allora balenare lo spettro di un nuovo switch-off, con la concreta possibilità di dovere ancora una volta obbligare gli italiani a buttare dalla finestra i vecchi apparecchi per comprare una nuova generazione di scatolette. Abbastanza per inquietare i sonni sia dei politici che delle emittenti televisive. Entrambi i soggetti, abbastanza verosimilmente, saranno ben contenti di aderire all’appello dell’Adiconsum, contando sul fatto che in Italia una sana proroga dei termini non si nega a nessuno. Mentre, come di consueto, il legislatore nostrano insegue maldestramente il miraggio irraggiungibile dell’innovazione tecnologica, le meraviglie del full-HD su tutti i canali, per non parlare del 4K, possono attendere: viste la tendenze in atto, sarà peraltro assai difficile che i sempre più disorientati utenti italiani possano aspirare a vederle sul digitale terrestre. (E.D. per NL)