"Crescita programmata di poche grandi tv (facilmente controllabili) e nanismo controllato per le altre (per garantirne l’inoffensività)".
"Via via, la strategia si è fatta chiara: fatta piazza pulita sul mercato nazionale, con l’asse Mediaset-RAI per il controllo del DTT e Telecom Italia Media spinta verso il business (al momento poco allettante per i big player) della tv on demand su Internet, rimaneva da bloccare la terza via per un’eventuale controffensiva al duopolio consolidato basata sulle nuove tecnologie televisive: quella delle tv locali", spiega in un durissimo comunicato odierno il Comitato Radio Tv Locali (CRTL), ascoltato (insieme ad altri soggetti) da Agcom nei giorni scorsi sulla vicenda LCN (l’ente aveva presentato una proposta di regolamentazione alternativa a quella di DGTVI). Secondo il CRTL, "I grandi player nazionali non avevano mai fatto mistero di ritenere eccessivo il numero delle disordinate ed eterogenee emittenti locali italiane. Non perché quella che si presentava come una fiacca armata brancaleone fosse pericolosa in termini commerciali o editoriali, bensì in quanto occupatrice di troppe preziose e ghiotte frequenze" . Come operare quindi "uno sfoltimento delle tv locali senza dare troppo nell’occhio, evitando di stimolare i sostenitori di quella noiosa palla al piede del pluralismo informativo che purtroppo non si può abrogare con decreto-legge?" "Semplice: puntare sulla zero natalità e sullo sviluppo controllato", si risponde l’organo milanese, per il quale il primo problema "si è risolto in maniera estremamente semplice: l’assetto delle frequenze italiano, nella migliore delle ipotesi, avrebbe garantito la misera sopravvivenza dell’esistente". Per il secondo punto, lo sviluppo controllato, invece, "sarebbe bastato adottare un sistema collaudato efficacemente sulla carta stampata: la distribuzione dei contributi alle emittenti locali". "Attraverso una bizzarra modalità di ripartizione dei contributi relativi alla legge 448/1998, gradualmente, alcune emittenti locali sono state incoraggiate a fare affidamento alle sovvenzioni pubbliche secondo un meccanismo equivoco: più dimostrazione di investimenti, più contributi; più contributi più investimenti, secondo un circolo apparentemente virtuoso, ma che, alla prova dei fatti, si è dimostrato per quel che doveva essere: vizioso. Non a caso, come stanno accertando in questi mesi numerose procure della Repubblica, ai primi posti delle graduatorie dei Corecom non infrequentemente si registra la presenza di sostanziali “centri servizi editoriali”, che sviluppano fatturati notevoli ed hanno alle dipendenze decine e decine di giornalisti (le principali fonti di punteggio), che marginalmente prestano la propria attività per le tv di cui tali soggetti sono (incidentalmente) editori", chiosa il CRTL, per il quale "il meccanismo delle graduatorie Corecom" sarebbe "modellato secondo uno schema piramidale rovesciato, in base al quale a tanti imprenditori televisivi sono elemosinate erogazioni derisorie e a solo pochi soggetti sono riconosciute ingenti somme". Siffatto modello consentirebbe, per il Comitato, "di garantire un pluralismo di facciata con emittenti al guinzaglio in un sistema in cui la concorrenza è “drogata” da contributi elargiti in modo così dissimile che in alcune regioni poche emittenti privilegiate ricevono anche oltre 20 volte il contributo delle altre stazioni!". Uno "schema diabolicamente efficace, che si è addirittura dimostrato ulteriormente perfezionabile", secondo l’ente portatore di interessi collettivi, per il quale visto che "strategia che vince non si cambia", sarebbe stato deciso di "sfruttare lo stesso meccanismo per arginare un altro pericolo recentemente profilatosi all’orizzonte, quello della numerazione dei canali sul digitale terrestre, i famigerati numeri LCN". Il logical channel number, per il CRTL, "è uno strumento pericolosissimo in mano a chi non si fa controllare. Quindi meglio che sia gestito facendo in modo che alle prime posizioni del telecomando digitale ci siano emittenti amiche”. "Così, nello schema di provvedimento allegato alla delibera Agcom n. 122/10/CONS del 16 aprile 2010 (attualmente sottoposto a consultazione pubblica), ecco riciclare l’efficace procedimento delle graduatorie Corecom per l’estrazione alla lotteria degli LCN", insiste il Comitato, secondo il quale sarebbe stato "Troppo rischioso, infatti, far riferimento per la ricostruzione in chiave digitale della sequenza del telecomando analogico (a garanzia del mantenimento delle abitudini dell’utenza e dell’avviamento delle tv locali), affidandosi magari alla rilevazione dell’audience … Molto meglio la sequenza controllata dei Corecom", riporta la nota dell’ente esponenziale. "Il coperchio della pentola", però, starebbe "per saltare". "Il meccanismo di contribuzione pubblica, sotto la pressione del debito pubblico, sta implodendo e anche i provvidenzialmente beneficiati dall’editoria, tirata fuori la testa dalla sabbia, vedono che la macchina si sta inceppando", mette in guardia il CRTL, che ricorda che anche "l’UE ha mostrato di volerci vedere chiaro sugli strani funzionamenti del sistema televisivo italiano e sta mettendo il becco sulle delicate faccende di casa nostra più spesso di quanto i manovratori prevedessero". "Il patto scellerato firmato da alcuni miopi editori locali coi grandi potenti della televisione" starebbe infatti "per rompersi". "Siamo ad un passo del baratro. Ma c’è ancora la possibilità di arretrare", avverte il CRTL. "Per farlo, le emittenti locali devono riappropriarsi della loro indipendenza, contrastando con la massima energia possibile i meccanismi diabolici che hanno costretto quelle che si ritenevano ingenuamente privilegiate in una prigione sempre meno dorata e la maggioranza al nanismo imprenditoriale". Per parte propria "il CRTL sta procedendo, con la massima determinazione, alla circostanziata denuncia del malaffare che inquina il mondo televisivo italiano a tutti gli organi competenti o che si riterranno tali. Ma per l’altra parte è opportuno che ciascuno prenda coscienza di quel che si sta verificando a danno di quel patrimonio di indipendenza informativa che sono, e vorremmo restassero, le tv locali".