Dopo la conversione della Sardegna, l’Italia parrebbe procedere a passi spediti verso lo switch-off totale. Ma quali sono gli effetti collaterali? Una cosa è certa: la Tv digitale terrestre rappresenta l’evoluzione tecnologica del sistema televisivo attualmente in uso. La novità (per modo di dire) è rappresentata dall’adozione di un sistema di trasmissione numerico che permette di moltiplicare il numero di canali disponibili e ridurre le interferenze tra emissioni anche attraverso l’attuazione di una pianificazione delle frequenze mai tentata in precedenza, se non tramite spontanei processi di compatibilizzazione, ottimizzazione e razionalizzazione frutto di accordi tra gli operatori sotto la supervisione delle autorità competenti, con ruolo istituzionale non impulsivo del processo ma meramente di ratifica della volontà delle parti alla presenza dei presupposti di legge. La trasformazione della Tv da analogica a digitale coinvolgerà progressivamente gli oltre 50 milioni di apparecchi televisivi del nostro Paese, praticamente tutta la popolazione italiana. Su questo non c’è dubbio. Tuttavia, se questo sistema di trasmissione porta con sé alcuni vantaggi, tra i quali, come detto e ridetto, si possono annoverare la possibilità di moltiplicare il numero di programmi fruibili e l’interattività, va anche detto che esso porta seco alcuni effetti collaterali non tanto verso l’utente, quanto verso il fornitore/operatore, sicché il bilancio dell’operazione non necessariamente potrebbe risultare in attivo o in pareggio per gli attuali editori, o quanto meno per quelli locali (cioè i più deboli). E’ pur vero che ogni singola frequenza, utilizzata in modo analogico, permette di ospitare un solo canale Tv (rapporto 1:1) mentre in digitale sarà invece possibile moltiplicare lo spazio (rapporto 1:molti), salvo il caso di destinazione della capacità alla tv ad alta definizione (che esaurisce – per ora – lo spazio ospitando un unico programma HD), lasciando quindi inalterato il rapporto analogico 1:1; ma è altrettanto pacifico che ad un’estensione degli spazi disponibili non necessariamente corrisponde una moltiplicazione dell’offerta. Pensiamo, ad esempio, all’impiego del mux per le trasmissioni +1 (la differita dello stesso programma di un’ora) o + 24, o ancora per la collazione di programmi già trasmessi (i cd. "Plus"): in questo caso l’offerta non muta, variando meramente le modalità di fruizione. E stiamo naturalmente parlando della migliore delle prospettive, cioè qualora vi sia un prodotto di sufficiente appeal da giustificare una moltiplicazione (o ridondanza temporale). Nell’ipotesi, invece, di emittenti che già faticano a costruire un unico palinsesto analogico di un certo peso – che è poi il caso più diffuso tra le emittenti locali o le nazionali minori – è presumibile che la capacità editoriale in più derivante dall’impiego della tecnica numerica sarà destinata a ridondanze trasmissive prive di concreto interesse per l’utenza (televendite, ecc.) o, peggio, di ripetizione di programmi già accessibili al pubblico (sat tv free, generalmente). Ergo, zero valore aggiunto per il pubblico. Sennonché, per conseguire la moltiplicazione degli spazi, gli editori locali lasceranno sul terreno qualcosa di ben più importante: il valore aggiunto determinato dalla presintonizzazione sui telecomandi, che sarà totalmente azzerato in occasione dello start-up numerico. E ciò tanto più che non è ancora stata definita la spinosa vicenda dei codici LCN (logical channel number), cioè la funzione che consente di assegnare automaticamente ad ogni canale ricevuto una posizione predefinita all’interno della lista (Rai 1 sull’uno, Rai 2 sul due, Rai 3 sul tre, Rete 4 sul quattro, Canale 5 sul cinque, Italia 1 sul sei, La 7 sul sette e poi?). Stupisce, a riguardo, il silenzio delle rappresentanze delle emittenti locali (fatta eccezione per FRT), che solo ora, con terrore, sembrano essersi accorte del trappolone (nel nostro piccolo, su queste pagine, in passato avevamo messo in guardia su certi giochi oscuri intorno ai decoder…). Può darsi che qualche beneficio deriverà dalla possibilità di interazione, o interattività, che connota la tecnologia numerica, cioè l’opportunità di trasmettere informazioni non solo dall’emittente al ricevente, ma anche dallo spettatore all’emittente, così, forse, ampliando le opportunità commerciali. Ma si tratta di prospettive tutte da verificare nella loro concreta utilità commerciale. Sarà quindi il 2009 l’anno della svolta? Dopo la Sardegna, anche le altre regioni italiane iniziano ad intraprendere le iniziative che porteranno alla conversione delle proprie aree nel 2009. Nel caso dell’isola all-digital, quasi 1.600.000 italiani, grazie alla conversione, ora attingono a 70 canali digitali in luogo dei precedenti 26 analogici (ma il calcolo sulla effettiva innovazione in termini di contenuti è ancora tutto da fare). La Sardegna, quindi si pone come un importante laboratorio per le strategie dei gruppi editoriali, in cui probabilmente cresceranno i canali generalisti, quelli che offrono film, fiction e reality a tutto detrimento delle tv locali, che ovviamente non possono competere su tali format e il cui unico plus costituito dall’informazione locale non può essere moltiplicato più di tanto. A questa nuova tecnologia, si affianca, contribuendo a darne maggiore impulso, la politica di incentivazione statale sull’acquisto dei decoder. Paolo Romani, che (solo) quando si tratta di digitale esce dal guscio, ha annunciato che l’80% dei fondi disponibili sarà destinato al sostegno delle fasce deboli, mentre il restante 20% sarà disponibile per le attività accessorie(call center e comunicazione). Intanto un punto fermo c’è: con 15 febbraio 2009, avverrà la transizione dal sistema analogico a quello digitale di Rai 2 e Rete 4 in oltre 100 comuni della provincia di Trento e in 12 comuni delle province limitrofe (Bz, Vr, Bs). Successivamente, nel mese di ottobre 2009, passeranno al digitale tutte le altre emittenti nazionali e locali. Per quel che riguarda il Piemonte, invece, vi sarà lo spegnimento del segnale analogico di Rai Due e Rete 4 nelle province di Torino e Cuneo entro il 21 aprile 2009, in tutto il Piemonte entro il 17 marzo 2011. Ma non bisogna dimenticare la Valle d’Aosta, che insieme alla Sardegna ha fatto da apripista nella sperimentazione di questa nuova tecnologia, la quale nel mese di maggio vedrà la transizione definitiva dall’analogico al digitale. Lazio e Campania vedranno la transizione tra giugno e settembre 2009. Per dirla con Jannacci, vedremo di nascosto l’effetto che farà. (M.P. per NL)