Le scuse stanno a zero. Se il disastro del Piemonte occidentale, dove numerose valli "laterali" sono state oscurate (e lo sono tuttora) a seguito della disattivazione degli impianti attivati dalle comunità montane o dai comuni su autorizzazione dell’allora MinCom, poteva essere considerato un (pur grave) incidente di percorso, già per il Trentino non poteva essere più così. Il tempo per mettere a posto le cose non è mancato e la consueta scusa che prima di individuare le risorse frequenziali residuali per (ri)autorizzare gli enti locali a rimettere in funzione i relay inattivi occorre attendere la chiusura dello switch-off appare debole. Infatti, qualche settimana prima della migrazione il MSE-Com già conosce le assegnazioni (Master Plan) e l’elenco delle postazioni analogiche da convertire sulle nuove frequenze, sicché individuare i canali DVB-T da destinare ai comuni ed alle comunità montane, pur non essendo un’attività da cinque minuti e via, non pare nemmeno determinare insuperabili difficoltà. Ovviamente a condizione che si allertino per tempo gli organi periferici del MSE-Com, che del territorio hanno (o dovrebbero avere) il controllo. Eppure ciò, inspiegabilmente, non avviene o perlomeno non è avvenuto fino ad ora. Ad oggi, infatti, a quanto risulta a questo periodico, l’unico invito rivolto dagli organi centrali del MSE-Com (DGPGSR) agli Ispettorati territoriali, a riguardo degli impianti ex art. 30 D. Lgs 177/2005, è quello di adottare "ogni cautela nell’espletamento dell’attività istruttoria" (e cioè in relazione alle pratiche di attivazione ancora in itinere). E’ chiaro che gli organi periferici potranno operare concretamente solo una volta ricevuto da Roma l’elenco delle assegnazioni da incrociare con i dati catastali degli impianti analogici o DVB-T presistenti da convertire; ciò però non toglie che essi possano (ed, anzi, debbano) essere attivati prima dell’oscuramento, al fine di limitare il disagio della popolazione residente nelle aree più difficoltose dal punto di vista radioelettrico (ma invece facilmente raggiungibili dai bollettini del canone RAI). Intanto l’esperienza disastrosa dell’Area tecnica 1 ha messo in allarme altri comuni e comunità montane in giro per l’Italia, che si stanno attivando per segnalare al MSE-Com (e agli organi di stampa) l’esistenza di impianti ex art. 30 D. Lgs 177/2005 nella propria circoscrizione messi a rischio dalla prossima digitalizzazione. Lo ha fatto, per esempio, la Comunità Montana Salto-Cicolano, in provincia di Rieti, nel Lazio. “Come Presidente della Comunità Montana Salto Cicolano, rappresento le preoccupazioni dei Sindaci dei Comuni di Borgorose, Pescorocchiano, Fiamignano, Petrella Salto, Varco Sabino, Concerviano e Marcetelli, relativamente alle problematiche connesse all’oscuramento della ricezione di programmi televisivi in alcune zone del nostro territorio, a seguito del passaggio del sistema di trasmissione da analogico a digitale”, scrive l’ente laziale in una nota trasmessa al Prefetto, di cui ci è stata fornita copia. “Fino ad ora infatti i centri abitati delle nostre valli hanno potuto ricevere il segnale analogico attraverso ripetitori di proprietà della Comunità Montana, autorizzati dal Ministero delle Comunicazioni ai sensi della legge 249 del 1997. L’art. 30 del D. L.gs 177/2005 (Testo Unico della radiotelevisione) ha confermato la possibilità per i Comuni, le Comunità Montane e gli altri Enti Locali o Consorzi di Enti Locali di richiedere al Ministero delle Comunicazioni l’autorizzazione per l’installazione e l’esercizio di impianti e ripetitori privati, destinati esclusivamente alla ricezione e trasmissione via etere dei programmi radiofonici e televisivi diffusi in ambito nazionale e locale, da ripetere limitatamente alla circoscrizione dell’ente richiedente e tenendo conto della particolarità delle zone di montagna. Sono piccoli impianti che, tuttavia, costituiscono l’unica fonte dì ricezione di segnali televisivi in aree disagiate. Con l’entrata in funzione del digitale terrestre, gli impianti analogici dei Comuni e delle Comunità Montane dovrebbero essere convertiti in tecnica digitale, ma sembra che, nonostante l’art 30 del D. Lgs. 177/2005 sia ancora in vigore (non essendo stato abrogato), le disposizioni inerenti il passaggio alla nuova tecnologia non abbiano previsto l’assegnazione di diritti d’uso come operatori di rete agli Enti attualmente destinatari delle autorizzazioni all’esercizio analogico, pertanto, in attesa che il problema venga risolto sul piano giuridico (oltreché tecnico), i centri abitati della nostra Comunità Montana che sono in zone che non ricevono il segnale direttamente dagli impianti delle emittenti televisive, saranno oscurati. In alternativa, senza autorizzazione ministeriale, gli Enti dovrebbero operare in condizione di irregolarità amministrativa, e forse penale. Gli enti locali sono disposti a sopperire in autonomia alle disfunzioni dei servizi radiotelevisivi nella propria circoscrizione, ma hanno bisogno di chiarezza ed attendono dagli organi responsabili, governo e regione, iniziative anche di sostegno nella spesa per la conversione tecnologica degli impianti relativi al servizio pubblico RAI, per il quale i cittadini pagano il canone”. Ma la Comunità montana Salto Cicolano va oltre, bruciando con la sua nota la probabile risposta ministeriale all’eventuale interrogazione prefettizia: “C’è da segnalare, un’ulteriore disfunzione che si presenterà nei territori non raggiunti dal segnale digitale terrestre. La ricezione attraverso il satellite TVSAT, con cui si pensa di garantire il servizio pubblico televisivo e quello privato, non solo rappresenterà un costo aggiuntivo per i cittadini, ma comporterà anche l’impossibilità di ricevere il segnale televisivo pubblico regionale, (Telegiornale regionale del Lazio). Non consentirà, inoltre, di ricevere le emittenti televisive locali della provincia di Rieti che non sarebbero presenti nella piattaforma TVSAT. Per tutti i suesposti motivi, abbiamo chiesto al Corecom Lazio, ente regionale di garanzia per gli utenti nel settore radio-televisivo, di intervenire presso le istituzioni competenti per evitare che questa rivoluzione tecnologica, che doveva garantire più ampio accesso all’informazione per tutti, non generi invece nuove situazioni di disagio nei cittadini/utenti, specie per quelli che risiedono in aree già soggette a carenze strutturali di altro genere, connesse alla loro localizzazione in montagna o collina. Il presidente del Corecom Lazio, avv. Francesco Soro, ha comunicato di aver chiesto la convocazione della Commissione regionale di Vigilanza per il Pluralismo dell’Informazione, rappresentando altresì i limiti territoriali della sua competenza. Pertanto, considerato che tra il 16 novembre ed il 30 novembre 2009 sarà spento il segnale televisivo analogico, chiedo cortesemente a S.E. il Prefetto di voler valutare l’opportunità di intervenire con le modalità ritenute necessarie per consentire a migliaia di abitanti dei comuni del Salto-Cicolano di ricevere il segnale televisivo digitale terrestre, come gli altri cittadini della provincia di Rieti”. Quindi, vogliamo attendere la ripetizione del disastro piemontese per intervenire?