Il passaggio alla tecnologia digitale terrestre spaventa le emittenti locali. E a ragione. Se si guardano i dati Auditel relativi ai primi sette mesi dell’anno si individuano casi di tv che hanno fatto registrare sensibili cali di ascolto addebitabili senza dubbio alla migrazione tecnologica.
Tra queste, emblematica è la situazione di Telecapri, l’emittente campana (da non confondere con la quasi omonima Retecapri, rete nazionale dal difficile posizionamento), che in ambiente analogico si collocava al secondo-terzo posto negli ascolti delle tv locali e che adesso deve fare i conti con gli effetti dello switch off che ha interessato la Campania nel dicembre 2009. Dai dati pubblicati sul quotidiano “Italia Oggi” (edizione 27 agosto) emerge, infatti, che l’audience di Telecapri nel periodo gennaio-luglio 2010 è sensibilmente scesa: ridotti del 56,9% i contatti mensili (passati a 1.192.821 dei primi sette mesi del 2009 a 514.659); calato del 63,4% l’ascolto medio (6.523 contro 17.805 dello stesso periodo del 2009). E il caso di Telecapri non è certo unico. Non se la passano affatto bene non solo le principali tv locali di tutte le regioni passate integralmente al digitale, ma anche quelle nelle aree dove il DTT è di là a venire, come Puglia, Basilicata, Molise, Abruzzo (la sofferenza di Telenorba, altro nome di spicco locale, è significativa). La causa viene dai più rintracciata col ritardo nell’assegnazione della numerazione automatica (LCN), necessaria per identificare e rintracciare il programma nella miriade di contenuti presenti sul digitale terrestre. Invero, la moltiplicazione dei programmi, rispetto a quanto presente in ambiente analogico, è una ragione forse ancora più forte per spiegare la débâcle delle tv locali. La rinnovata e maggiorata offerta contenutistica rende difficile al pubblico televisivo orientarsi nelle scelte, favorendo la dispersione e, conseguentemente, il calo di ascolti degli operatori storicamente attivi in ambiente analogico. Non solo, a differenza degli operatori di rete nazionali che ormai, a prescindere dallo switch-off, hanno una copertura del segnale digitale a livelli identici di quello analogico, nella più parte dei casi le tv locali nelle aree non ancora integralmente digitalizzate dispongono di un’illuminazione a macchia di leopardo, garantita a stento da diffusori secondari, con la conseguenza che l’utenza che ormai segue la tv solo in digitale (e si parla di ben oltre il 50% nel nord Italia) ha dimenticato l’esistenza dei programmi locali. Grandi responsabilità a riguardo di tale stato di cose sono da attribuire agli editori stessi che, anziché stringere accordi per scambiarsi capacità trasmissiva nella fase di interregno digitale/analogico per presidiare il mercato, hanno preferito riempire i propri mux di inutili ridondanze contenutistiche. Ad ogni modo, almeno l’attribuzione della numerazione automatica (LCN) potrebbe essere un problema in via di soluzione: con i recenti bandi emanati dal Ministero dello Sviluppo Economico-Comunicazioni sono state stabilite le procedure per la presentazione delle domande che i soggetti operanti sul digitale terrestre, in ambito nazionale e locale, dovranno presentare per ottenere l’assegnazione del numero del programma sia nelle aree già digitalizzate (Sardegna, Valle d’Aosta, Piemonte Occidentale, Campania e Lazio), sia nelle aree di imminente digitalizzazione (Lombardia, Piemonte Orientale, Veneto, Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna). Si farà così ordine nel caos del telecomando, ma la frammentazione degli ascolti determinata dall’aumento dell’offerta sul digitale terrestre e anche sul satellite sarà comunque il nuovo scenario con cui le tv locali dovranno fare i conti. E non gioca a favore delle locali, come abbiamo più volte sottolineato su queste pagine, lo stare a metà del guado, con gli impianti principali ancora in analogico e le ridondanze impiantistiche (di norma tecnicamente più scarse) in digitale. (D.A. per NL)