Digitale terrestre: DGTVi fa il punto della situazione con gli operatori del settore

Al Lingotto di Torino la Terza conferenza nazionale sulla televisione del futuro


Il digitale terrestre non è ancora a pieno regime e già si denuncia la necessità di un suo rilancio. Rai, Mediaset e Telecom Italia, gli operatori settoriali di riferimento con i rispettivi canali in tecnina numerica, stanno mettendo a punto nuove iniziative free e pay, ma gli osservatori sollecitano una maggiore attenzione alla qualità di programmi e palinsesti. Per il momento, di emittenti nel nuovo formato che brillano per offerta di contenuti ce ne sono davvero poche; pare, piuttosto, si cerchi affannosamente di configurarle giusto per riempire le piattaforme. Commenti ingenerosi anche per la politica legislativa adottata per regolamentare questo fenomeno che, dal 2012, dovrebbe (potrebbe) essere l’unico modo possibile di concepire (o ricevere) la televisione.
Queste, le principali tematiche su cui si è dibattuto alla Terza conferenza nazionale sulla televisione digitale terrestre, svoltasi al Lingotto di Torino il 30 novembre ed il 1 dicembre scorsi. Prendendo la parola, Piero de Chiara, presidente dell’associazione DGTVi, incaricata promuove tutte le iniziative volte all’interoperabilità delle reti e dei servizi interattivi ed organizzatrice dell’evento, afferma chiaramente che il mondo del Dtt non può più essere “ostaggio di una partita politica”; contemporaneamente, facendosi portavoce dell’intero comparto di riferimento, chiede “tempi certi (per quanto riguarda la pianificazione e la regolamentazione del prossimo switch-over e del panorama televisivo che di conseguenza si celerà ai broadcaster, n.d.r.) ed un riordino complessivo delle frequenze per poter programmare il rientro degli investimenti”. Difatti, il passaggio a questa nuova forma di fare tv ha un suo costo: esperienze precedenti dello stesso genere (vedi Tv Satellitare) hanno evidenziato quanto all’inizio, per gli editori, vi siano da appostare nei bilanci più spese che ricavi. Tale situazione si protrae finché non si riesce a far cassa con la raccolta pubblicitaria, che irrompe sulle nuove realtà solo quando queste iniziano ad assumere i connotati di fenomeno di massa. L’esempio di Sky Italia, a tal proposito, è illuminante: ci sono voluti ben tre anni per raggiungere volumi pubblicitari significativi che erodessero introiti alla tv generalista (o comunque insidiassero gli equilibri consolidati). Volgendo lo sguardo alle realtà transfrontaliere, nella tv analogica, si assiste, attualmente, secondo i dati presentati al Lingotto, ad un generalizzato calo degli introiti promozionali che, ad esempio, nel Regno Unito registrano un -9%. Spostandosi in Italia, quest’anno, è la prima volta che la pubblicità sulle generaliste è cresciuta meno della media di mercato. Ancora, in un ottica di ricavi per punto di share, al di là della manica, quelli di Itv equivalgono a 126,7 milioni di euro e Channel 4 raggiunge i 127,5 milioni di euro. Nella nostra realtà nazionale le cifre non si avvicinano neanche a questi risultati: Mediaset gravita attorno ai 77 milioni di euro e 35,8 milioni è il ricavo pubblicitario per punto di share della rete TiMedia, La7. Poco più basso, 34,7 milioni, per la concessionaria pubblica. Conseguenza inevitabile di questo gap rispetto alle principali concorrenti europee è un livello qualitativo più basso dei contenuti trasmessi sul nostro territorio: meno qualità potrebbe equivalere ad un sempre più decrescente livello di pubblico, situazione che rischia di fotocopiarsi anche sulle nuove piattaforme.
Nell’attuale configurazione del digitale terrestre, “i contenuti rilevanti”, ha concordato Antonio Campo Dall’ Orto, direttore generale di Telecom Italia Media, “sono i grandi assenti”, motivo per cui anche l’audience non è delle migliori (0,8%). Gli investimenti della prima azienda di comunicazioni operante sul territorio nazionale, per questo settore, sono stati di 380 milioni di euro, “ma non abbiamo un ritorno pubblicitario anche a causa della troppa litigiosità tra operatori che penalizza l’offerta”, chiosa caustico il manager.
Nello stesso convegno c’è chi, come il direttore di Rainet Luca Balestrieri, si risente anche della numerazione dei canali e del mancato accordo tra gli editori per la trasmissione del segnale codificato nella Sardegna, che comunque sta procedendo spedita verso il Dtt (nella provincia di Cagliari la visione digitale della televisione attraverso la sola piattaforma terrestre è del 52,9%). Essendo la ripartizione dei canali differente per tv analogica, satellitare e digitale, questo ingenera disorientamento negli utenti e non agevola la familiarizzazione con il decoder; inoltre, così rimanendo le cose, non pochi problemi si genereranno quando, in futuro, si richiederà l’intervento dell’Authority delle Comunicazioni.
Dal convegno traspare indubbiamente la delusione degli operatori della neonata (si fa per dire…) televisione: pare che molte delle aspettative consolidatesi attorno a questo nuovo scenario, generate dai buoni propositi enunciati dagli editori e dallo stesso Governo, siano state tradite dagli interventi successivi. Nonostante tutto, però, alcuni dati positivi si sono consolidati: a fine 2007, il fatturato elle carte pre-pagate per il digitale terrestre crescerà del 40%, sfiorando i 130 milioni di euro, gli utenti della pay per wiew sono 2,2 milioni, i decoder venduti 5 milioni e 178 mila le televisioni con sintonizzatore digitale integrato distribuite nel primo mese dell’applicazione degli sconti fiscali del 20% concessi dalla Finanziaria 2007. A tal proposito, si segnala l’accordo tra Italia e Francia su alcune norme che obbligheranno i produttori a vendere soltanto tv integrate, onde facilitare l’ingresso nelle abitazioni del segnale codificato.
Nel secondo rapporto sulla Televisione Digitale Terrestre in Europa – “Il futuro è chiaro” – curato e realizzato per questa conferenza da DGTVi, emergono alcuni dati e considerazioni che ci sembrano spunti interessanti per stimolare una proficua discussione in merito.
In Italia, la dotazione delle famiglie di ricevitori per la Televisione digitale terrestre, è allineata a quella francese e spagnola, ma gli ascolti sono molto inferiori per debolezza di contenuti, coperture parziali e disomogenee, assenza di un’identità di piattaforma; lo switch over in Sardegna, lo ricordavamo poc’anzi, ha dimostrato l’esigenza di una numerazione automatica (nella stessa isola adottata attraverso il progetto Lcn, che ordina automaticamente i canali, rimasto, però, ad adesione facoltativa), in assenza della quale i telespettatori non riescono né a trovare i loro canali tradizionali, né ad identificare i nuovi ; la strategia del pay per wiew è risultata vincente e nel nostro paese e la visione del digitale terrestre ha assunto i connotati propri di un’operazione low cost per le famiglie; l’Italia si guadagna il primato europeo per quanto riguarda la televisione mobile Dvb-h (per intendersi, la snack tv visibile sui cellulari di ultima generazione), procedendo con una marcia in più rispetto agli altri partner del Vecchio Continente; i maggiori broadcaster nostrani, fanno ricorso ad una strategia multipiattaforma per arginare la tendenziale flessione di ascolto delle loro reti generaliste, a vantaggio dei canali tematici, così come, del resto, è gia accaduto nell’esperienza straniera del multichannel; la tv pubblica nazionale ha optato per un’offerta completamente gratuita, mentre i due principali player privati presenti sul digitale terrestre, Mediaset (editore che più di tutti ha investito sulla nuova piattaforma tralasciando quella satellitare) e Telecom Italia Media, hanno sinora puntato sull’offerta a pagamento e sulle carte pre-pagate (fatta salva l’ottima iniziativa lanciata nel 2004 dal gruppo di Cologno Monzese, con il canale free per ragazzi Boing).
Ulteriormente, fenomeno tutto italiano nel panorama europeo della televisione digitale terrestre, è la forte presenza dell’emittenza locale, proiezione della situazione presente nell’ambito di quella analogica. Sul decoder, sono attivi oltre 180 multiplex di questo genere che, oltre ad esperienze in cui programmi o eventi vengono trasmessi simultaneamente su più canali (c.d. symulcast), si sono cimentati anche nell’ambito dei canali tematici dedicati a generi specifici, con palinsesti focalizzati soprattutto sulle news e sull’informazione in ambito locale. In alcune aree, sono state addirittura sperimentate offerte in pay per wiew, proponendo ai telespettatori, tra l’altro, le competizioni sportive di maggior interesse a livello locale o regionale. Incisiva, in queste realtà, è la presenza, accanto a programmi autoprodotti, di contenuti forniti da terzi. Dal punto di vista delle frequenze, poi, gran parte delle televisioni locali, per motivi legati proprio alla disponibilità delle stesse ostativa ad una simultanea trasmissione in analogico ed in digitale, nelle ore di maggior ascolto si vedono costrette a diffondere i propri programmi solo in analogico. In questi casi, per non perdere il pubblico, il digitale terrestre viene sperimentato solo nella notte, là dove,durante il giorno, viene operata la diffusione analogica. Una volta che la penetrazione della televisione digitale terrestre fosse in stato decisamente avanzato, ad esempio in prossimità dello switch off, anche queste emittenti locali si convertirebbero in via esclusiva al digitale, affiancando alla tradizionale attività editoriale anche quella di operatore di rete con nuove opportunità di business.
Insomma, in un clima di generale difficoltà e spesso di disorganizzazione, proprio di un momento come quello che stiamo vivendo in cui ancora sul digitale le idee non sono chiare, al di là di incertezze e problemi di varia natura per gli editori che necessariamente devono fare i conti con le nuove realtà comunicative, si sta cercando la bussola che possa orientare il passaggio alla realtà televisiva totalmente codificata. Probabile che, se in quest’ambito si riuscirà a tralasciare l’italica consuetudine dei lacci e dei laccetti, delle leggi minuziose accompagnate da soverchianti regolamentazioni, approntando poche e chiare norme operative uguali per tutti, l’esperienza del digitale terrestre potrà essere sicuramente edificante anche per il futuro della programmazione generalista. (Stefano Cionini per NL)

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