Digitale terrestre: a giorni parere UE su dividendo interno. Intanto monta protesta tv locali su dividendo esterno (61/69)

Siamo agli sgoccioli per la definizione del beauty contest, la gara non competitiva che regalerà (nel senso che verranno assegnate gratis) a operatori nuovi entranti (come Sky) o esistenti (come Mediaset, RAI e TIMB) le frequenze riservate loro da un controverso Piano Nazionale di Assegnazione delle Frequenze DTT.

E’ infatti questione di giorni per il parere dell’Unione europea sulla bozza del bando per l’effettuazione della gara per il dividendo interno, confezionato ed inviato a Bruxelles dal Ministero dello Sviluppo Economico. Nel frattempo si acuiscono i contrasti a riguardo dell’altra gara per le frequenze digitali, questa volta competitiva: quella del dividendo esterno, cioè i canali dal 61 al 69 UHF (ed altri eventualmente disponibili, perché non utilizzati dai soggetti che li hanno ricevuti in assegnazione) da destinare allo sviluppo della banda larga in mobilità, che in Italia rischia il collasso sotto i colpi dell’incessante diffusione dei dispositivi per la connessione senza fili a internet. Dalla gara per il digital dividend esterno (si chiama così perché le frequenze andranno a operatori non televisivi) lo Stato italiano si attende non meno di 2,4 miliardi – soldi che sono già stati messi a bilancio preventivo – di cui il 10% (comunque sino ad un massimo di 240 mln di euro) dovrebbero andare alle tv locali come indennizzo per il rilascio dei canali. Il condizionale è d’obbligo, perché non è affatto detto che le cose andranno come pensa il governo. Infatti, le tv locali non ci pensano nemmeno ad abbandonare frequenze appena ricevute in assegnazione per "un tozzo di pane" o senza garanzie per il futuro (riattribuzioni frequenziali per i soggetti che vorranno continuare l’attività di operatore di rete) e così promettono battaglia a colpi di ricorsi al TAR (che in numerosi casi ha sin qui dato loro ragione, visti i pasticci combinati nelle procedure di assegnazione dal MSE). Ma questo non è l’unico problema: gli operatori telefonici hanno già fatto sapere che di acquistare frequenze che non si sa se e quando saranno disponibili non ci pensano nemmeno, sicché anche i 2,4 mld attesi s’annebbiano, mentre il governo si dibatte per cercare di quadrare il cerchio a martellate. Pensando, per esempio, di spostare il termine di settembre in attesa di ridefinire le quote d’indennizzo fissate dalla legge di Stabilità. Soluzione che però non sta bene a Tremonti che, come già detto, su quei 2,4 mld meno (solo) il 10% ci ha già fatto conto. (A.M. per NL)

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