Facebook nell’occhio del ciclone: sembra proprio che il social network abbia sovrastimato per ben due anni il tempo medio di visione delle pubblicità video sulla piattaforma.
E sicuramente palpabile è la tensione e lo sgomento degli inserzionisti pubblicitari. L’accusa giunge dritta dritta dal Wall Street Journal, che riporta la denuncia dell’agenzia pubblicitaria Publicis Media, la quale, nel 2015, ha acquistato pubblicità per i propri clienti per 77 mld di dollari. I conteggi avanzati da Facebook, secondo l’accusa, avrebbero sovrastimato i tempi di visione degli spot tra il 60% e l’80%. Nel dettaglio, le statistiche del social network non andavano a considerare le visualizzazioni degli spot inferiori alla durata di tre secondi, e di conseguenza si alzava la media complessiva delle visualizzazioni. Su queste premesse i clienti, basandosi sui calcoli errati, avrebbero acquistato i loro spazi facendo riferimento ad attese di ritorno inverosimili. Le proteste delle agenzie pubblicitarie sono giunte tempestivamente, chiedendo con forza un’analisi più approfondita. Per fare un paio di riferimenti, sia a Publicis Media, che ha acquistato pubblicità per conto dei propri clienti per 77 mld di dollari nel 2015, sia a GroupM, divisione di Wpp, sono state comunicate notevoli discrepanze. E la risposta del social network non tarda ad arrivare, come si evince da un post sull’Advertiser Help Center, servizio dedicato ai propri inserzionisti: “Abbiamo recentemente scoperto un errore nel modo in cui viene calcolata una delle nostre metriche video. Questo errore è stato corretto, non ha impatto sulla fatturazione e lo abbiamo comunicato ai nostri partner sia attraverso le dashboards di prodotto sia contattando i sales e gli editori. Abbiamo anche cambiato il nome della metrica per essere sicuri che fosse chiaro quello che misuriamo. Questa metrica è uno degli strumenti più utilizzati dai nostri partner per valutare le loro campagne video”. La spiegazione di Facebook, però, per Publicis non è sufficientemente esaustiva: “Ciò che è successo – denuncia l’agenzia nella lettera pubblicata dal WSJ – ancora una volta mette in evidenza la necessità assoluta di poter contare su un organismo indipendente di monitoraggio e verifica sulla piattaforma di Facebook. E’ inaccettabile che per due anni ci siano stati forniti dati inattendibili”. (S.F. per NL)