Il Digital Scoreboard è un complesso insieme di rapporti, indicatori e strumenti di analisi che ha lo scopo di determinare a che punto si trova l’UE nel percorso verso gli obiettivi fissati nella ormai nota Digital Agenda, il piano pluriennale di sviluppo delle tecnologie e dei servizi digitali che la Commissione Europea ha varato circa un anno fa.
Uno specifico rapporto riguarda i “telecom regulatory developments” di ogni paese, ovvero agli sviluppi dell’attività di regolazione del settore delle comunicazioni elettroniche. Nel documento dedicato all’Italia molto spazio è dedicato appunto ai nostri organismi regolatori, ovvero l’AGCOM e il Ministero dello sviluppo economico – Dipartimento comunicazioni. Vengono descritte in estrema ma utile sintesi le iniziative promosse dalle nostre istituzioni pubbliche durante l’ultimo anno, nel solco degli obiettivi delineati in ambito comunitario. Il quadro che ne emerge non fa che confermare ciò che a molti osservatori appariva già sufficientemente chiaro: l’assenza di una politica intellegibile di sviluppo dell’intero sistema delle comunicazioni elettroniche, con obiettivi chiari e condivisi; i ritardi nel recepimento e nell’applicazione delle direttive europee in materia; la debolezza e la scarsa sistematicità degli interventi normativi, che consentono la persistenza, se non addirittura il rafforzamento, di situazioni di monopolio e/o oligopolio nei mercati. A quest’ultimo tema il rapporto dedica molto spazio, a partire dalle difficoltà di Agcom nel definire regole trasparenti e non discriminatorie sull’accesso alla rete Telecom da parte dei concorrenti, cosa che di fatto rallenta il riequilibrio dell’asimmetria di mercato a favore dell’ex monopolista. Ma non solo: le vere note dolenti vengono dal broadcast. Sulla ben nota vicenda del dividendo digitale esterno, la Commissione benevolmente osserva che la conseguente riorganizzazione dello spettro radio dedicata agli operatori televisivi “non è stata ancora ultimata”, mentre sul dividendo interno fa notare che dopo un interminabile contenzioso portato avanti dall’MSE sull’assegnazione delle frequenze a un “nuovo entrante”, lo stesso Ministero non è stato ancora in grado di far partire il beauty contest per i 6 multiplex entro i termini previsti al momento della sospensione della procedura di infrazione. Non va meglio sul versante dell’assegnazione delle frequenze e dei numeri LCN ai broadcaster locali, dove si evidenzia che l’esistenza di un notevole contenzioso legale dagli esiti incerti potrebbe, almeno sul piano dell’allocazione dello spettro, influire sulla disponibilità degli stessi dividendi. E proprio la presenza quasi costante di ricorsi e annullamenti avverso i provvedimenti normativi viene rimarcata anche negli altri settori in cui i nostri organismi regolatori hanno deciso di intervenire, dalle norme sui lavori per le reti pubbliche di comunicazioni a quelle sul servizio universale, fino ad arrivare alla protezione dei dati personali Si tratta evidentemente di un sintomo, nella migliore delle ipotesi, di attività istruttorie poco accurate e trasparenti, nella peggiore di scarsa competenza o parzialità. Un quadro in definitiva poco roseo: a fronte di un settore privato che comunque riesce ad esprimere un rapporto tra investimenti e ricavi superiore alla media europea, trainato da un comparto delle telecomunicazioni mobili all’avanguardia, l’apparato pubblico non sembra essere in grado di produrre politiche efficaci di lungo periodo e un quadro regolatorio certo e il più possibile condiviso, condizione almeno necessaria per garantire lo sviluppo competitivo del nostro paese nel futuro digitale. (E.D. per NL)