Fermo restando il biasimo per la mancata motivazione da parte del TER (Tavolo Editori Radio) del ritardo nella pubblicazione dei dati relativi al secondo semestre 2023 e dell’intera annualità (previsto per la mattinata del 11/01/2024 ed avvenuta nel pomeriggio del giorno dopo), forse dalla spiacevole vicenda potrebbe conseguire un vantaggio per il comparto. Vediamo perché.
Come scritto in altro pezzo, la posticipazione della pubblicazione dei dati della rilevazione d’ascolto ufficiale (comunicata dal TER per il 11/01/2024) è stata determinata, con ogni probabilità, dalla necessità di oscurare il dato RAI dall’annualità 2023, dopo che l’iniziale richiesta della concessionaria pubblica di non pubblicarlo relativamente al 1° semestre 2023 non era stata accolta dal TER.
Dato in chiaro
E – a dirla tutta – nemmeno dal Tribunale di Milano, adito da RAI in sede cautelare.
Moral suasion
Ora, però, pare che sulla decisione del TER di espungere il dato RAI dai dati del secondo semestre 2023 e dall’intera annualità aleggi quella che abbiamo definito una moral suasion di Agcom.
Sveglia…
La quale – vista l’inerzia della società a correggere le limitazioni societarie (trasformandosi da MOC, media owner committee a JIC, joint industry committee, superando il conflitto d’interessi del rilevatore che rileva se stesso) e metodologiche (integrazione dell’arcaico metodo dichiarativo CATI con uno strumento di rilevazione elettronico) – aveva puntato i riflettori sull’indagine con la delibera 202/23/CONS, alle cui prescrizione il Tavolo Editori Radio si sta adeguando.
… dal 2025!
Con effetti, però, decorrenti dall’indagine 2025.
Innaturale senza RAI
Come però dimostra la pubblicazione epurata dal dato RAI dell’annualità 2023, una rilevazione senza i dati delle radio pubbliche non è naturale.
Completezza del quadro
E non solo sotto il profilo della completezza della rappresentazione della distribuzione dell’ascolto, ma anche per l’anomalia, mai verificatasi in precedenza, di un quadro annuale parziale, considerato che il dato RAI del primo semestre 2023 è ancora presente in elenco (pubblico), mentre quello del secondo è assente. Non risulta mai verificatasi – a memoria – una simile ambiguità.
Analisi
Qualsiasi analista – già perplesso da una (dichiarata) crescita assoluta dell’ascolto radiofonico nonostante la progressiva erosione di quote da parte dei competitor audio dello streaming on demand (35,984 mln nel 2° semestre 2023 vs 33,968 nel 2° semestre 2022, 36,343 nell’anno 2023 vs 33,809 nell’anno 2022) -, storcerà il naso davanti ad una rilevazione in cui uno dei principali gruppi radiofonici italiani è assente per metà.
Ombre e ritardi
Una condizione poco trasparente (posta l’incomprensibile assenza di spiegazioni) che rischia di gettare ulteriori ombre su un’indagine finita nel mirino dell’Autorità per il ritardo mostrato nell’adeguarsi a logiche che il buonsenso prima che la best practice degli altri mercati avrebbe imposto.
(Ri)apertura
A questo punto riteniamo probabile che TER, da una parte, venga sollecitato a (ri)aprirsi a RAI e quest’ultima ad essere un po’ più tollerante nei confronti dei tempi di adeguamento dell’indagine alle prescrizioni impartite da Agcom, che, di fatto, si sovrappongono alle originarie rivendicazioni della concessionaria pubblica, anche se in forma smussata.
Termini
Non ci stupiremmo, quindi, se RAI rientrasse, anche se a termini scaduti, nell’indagine TER 2024.
Se non ora, sicuramente poi
Se non accadrà, siamo convinti che, a compagine TER allargata al mercato – con l’ingresso di Utenti Pubblicità Associati (UPA) e Aziende della comunicazione unite (UNA) – lo farà con la rinnovata indagine del TER 2025.
Trasparenza
Nell’interesse di quella trasparenza che tra l’11 ed il 12 gennaio 2024 è mancata.