Qualche settimana fa abbiamo aperto un dibattito sul rischio di estinzione delle radio locali (09/09/2006 [Radio e Tv] – L’estinzione delle radio locali (italiane). Millecanali lancia l’allarme), collocandoci sulla scia dell’editoriale dell’amico e collega Mauro Roffi pubblicato su Millecanali di settembre.
Al nostro pezzo critico ha replicato, per prima, l’associazione di emittenti locali Conna, con un intervento duro che abbiamo riportato per esteso (15/09/2006 [Radio e Tv] – Il rischio d’estinzione delle radio locali – Il punto di vista del Conna).
Successivamente, è intervenuto nel confronto il consulente editoriale Claudio Astorri (02/10/2006 [Radio e Tv] – Radio locali: crisi o non crisi?. Claudio Astorri raccoglie l’invito di NL ed approfondisce la tematica del rischio d’estinzione della specie), che ha contestato alcune delle tesi avanzate, supportando il proprio pensiero con l’elaborazione di dati di ascolto sotto forma di rappresentazioni grafiche di immediata percezione.
Allo stesso Astorri hanno poi risposto il conduttore radiofonico Gianni De Berardinis ed il manager radio Franco Denari (seppur su un argomento a latere) con i seguenti interventi:
Considero, dichiarandomi apertamente un provinciale da esportazione da sempre, la realtà radiofonica locale un “grande serbatoio” di ispirazioni e di spunti di riflessione, “un giacimento d’oro” senza limite. Provengo da Pescara, una città oggi interessante, ma credetemi riferendomi al tempo in cui è partito tutto il business, era il 1975, una città molto cauta e poco disponibile sotto tutti i punti di vista. Nonostante tutto abbiamo sfidato quelle resistenze, aggiornato l’offerta e, consentitemi, inventato il nostro modo di fare radio. Peppe de Cecco, il nostro editore, ci mise a disposizione i migliori studi di emissione e gli strumenti tecnici più aggiornati d’Italia (MILANO e ROMA lo hanno sempre ignorato). RADIO LUNA PESCARA aveva jingle machines con cartridge per la pubblicità, piatti Rosko a partenza immediata, microfoni Neuman a valvole… registratori STUDER professionali. insomma cose mai viste nei noti scantinati, sedi storiche di 105 che lavorava con le cassette. Penso a quel periodo vantandomi di aver fatto parte del “piccolo mondo” di PROVINCIA. Tornando alla radio locale ricordo che in quel periodo non si guardava molto ai networks anche perchè non esistevano praticamente, e questo è un dato utile. Il nostro Giornale ed il nostro format erano davvero “personal” e mai fotocopia radio di altri soggetti sul campo. La nostra informazione al tempo di RADIO LUNA PESCARA era davvero locale, non solo per i contenuti ma per ritmo, colloquialità,verità. Una buona confezione generale, con ottimi lettori di news ed una redazione simpatica ed agguerrita. Persone vivaci e ben motivate si scatenavano a raccontare la vita abruzzese nei dettagli, con intelligenza, anche divertendo l’audience con la vistosa cronaca (le piccole news locali offrono anche questa prospettiva se lette con auto ironia). La radio di cui parlo aveva il suo stile, distante da “stili importati”, e sopratutto non copiava alcun giornale radio, ne’ format che esistesse al Nord o al Centro Italia. La redazione aveva addirittura scoperto nel suo sforzo produttivo “all news style”, gli approfondimenti di notizia, gli speciali, le lettere al direttore… era tutto dentro la notizia a Pescara grazie a quella radio. Gruppi alternativi di produzione e service radio operanti all’epoca ci offrirono dei pacchetti con dei nomi e degli show precotti buoni per tutta Italia (solo da scaldare nel micro onde) ma non li accettammo. Nel 1975 e fino al 1980 quasi tutti seguivano RADIO LUNA PESCARA: l’ emittente che dava tutto ai pescaresi. Che motivo c’era di fare la spesa fuori? Riuscivamo senza fatica a parlare la stessa lingua degli ascoltatori a trasmettere il loro Mondo. A nessuno veniva in mente di emulare Gianni Riso, Venegoni o Robertino di Radio Montecarlo. Se cosi avessimo fatto non avremmo scoperto Roberto Pedicini, Gianni de Berardinis, Michele Appignani, Pinella Dragani, Luigi Rosica, ecc., tutti fondamentali nella nostra cronaca. Professionisti che si sono nutriti di queste “piccole informazioni locali”, cose di provincia che hanno raccontato in giro e che sono ora un po’ nostro background. E’ bene riflettere su questo punto, perciò raccolgo la giusta provocazione di Claudio Astorri. Il mondo delle locali deve guardare con sicurezza al suo serbatoio, non perdere mai l’identità, la sua lingua, il suo stile… deve capire che è proprio li che realizza la sua missione. Solo così potrà contrastare la sanguinosa guerra agli ascolti, solo rilanciando le proprie linee editoriali sarà ancora importante per tutti. La radio che appassiona è fatta in questo modo… pensatelo. E smettiamola di guardare a Roma o a Milano con totale devozione… come alla Montagna Sacra… non è così. Inventiamo la radio locale di nuovo… c’è il rischio di divertirsi. Gianni de Berardinis
Caro Claudio, intanto apprezzo che tu ti stia dedicando alle radio locali e spero che tu possa portare un po’ di esperienza nazionale in un settore minore in termini di copertura sul territorio ma non in termini di importanza. Sì, resto estremamente convinto che le radio locali abbiano un potenziale enorme ancora da sviluppare, siamo nel 2006 abbiamo la globalizzazione, non mancano gli strumenti per comunicare ma nonostante questo resta un enorme bisogno di far parte di una comunità di sviluppare un senso di appartenenza locale. Sarò troppo economista ma ricordo ai tuoi gentili lettori la scala di Abraham Harold Maslow noto per aver creato una gerarchia dei bisogni umani chiamata “Piramide di Maslow”, al terzo posto della piramide (partendo dal basso) dopo i bisogni fisiologici e i bisogni di sicurezza troviamo i bisogni di appartenenza e di attività sociale. L’Italia è un paese ricco di abitudini e usanze regionali, la giornata tipo a Milano è profondamente diversa da una giornata tipo a Trieste, Treviso o Napoli. Evidentemente le radio che sapranno mantenere l’eccellenza operativa (mantenendo standard tecnologici e operativi che permettano di lavorare in maniera professionale vedi software e hardware) passando per “l’essere diversi” e quindi differenziarsi avranno ampi margini di crescita. L’essere diversi può coincidere con il concentrarsi sul proprio territorio soddisfando i bisogni e needs dei propri clienti (ascoltatori e inserzionisti). Un saluto,
Franco Denari
Il confronto continua…