Di Pietro: l’Ordine dei giornalisti è un atto di inciviltà che realizzò Mussolini per controllare l’informazione e che adesso mette il bavaglio all’informazione

Antonio Di Pietro a Milano per la raccolta delle firme del V2-Day di Beppe Grillo che questa volta ha come tema principale l’informazione si lancia in una filippica contro l’Ordine dei giornasliti. E gli altri ordini, invece?


Di Pietro non ci è mai stato simpatico. Non ne abbiamo mai fatto mistero su queste pagine. Non ci piace quello che dice e non dice e come lo dice o non lo dice, come non ci piacciono i giustizialisti a tutti i costi e i beppegrillo che vogliono cambiare il mondo per conto degli altri, sugli altri. Non ci piacciono per niente, anzi: ci fanno paura. Tanta. Del resto, chi definisce “servi” i giornalisti scientemente utilizzando un termine proprio dei terroristi che con la paura segnarono la seconda metà degli anni ’70, non può che far timore. Non ci piacciono, però, nemmeno gli ordini professionali. In generale. Sono retaggi di antichi privilegi, più d’ostacolo all’accesso alle professioni che garanzia di professionalità, sicché andrebbero – per noi – aboliti. Tutti, però. Non solo uno, quello che non va bene a Beppe Grillo o a Di Pietro. Per questo ospitiamo volentieri la reazione di Franco Abruzzo, storico presidente dell’OdG della Lombardia, verso il discorso odierno, confuso e farraginoso, di Di Pietro.

Milano, 25 aprile 2008. L’ordine dei giornalisti «è un atto di inciviltà che realizzò Mussolini per controllare l’informazione e che adesso mette il bavaglio all’informazione perchè soltanto quelli che hanno l’iscrizione a quell’albo devono considerarsi liberi di potere informare. Mentre noi riteniamo che in uno stato libero e civile, come siamo adesso, tutti possiamo informare liberamente». A parlare è Antonio Di Pietro questa mattina a Milano per la raccolta delle firme del V2-Day di Beppe Grillo che questa volta ha come tema principale l’informazione. Il leader dell’Idv ha poi sottolineato che il giornalismo «è una professione che non può nè deve essere soggetta limiti in uno stato liberale» e che «prima di me persone di ben altro valore come Einaudi e Berlinguer avevano criticato il ricorso all’ordine dei giornalisti per potere scrivere e manifestare il proprio pensiero liberamente». I tre referendum propongono, oltre all’abolizione dell’ordine, anche l’abolizione del finanziamento pubblico all’editoria e della legge Gasparri. (Adnkronos)

FRANCO ABRUZZO: “PERCHÉ DIFENDO L’ORDINE DEI GIORNALISTI”

Senza Ordine rimarranno soltanto gli ordini degli editori. L’eventuale abrogazione della legge n. 69/1963 sull’ordinamento della professione giornalistica comporterà questi rischi: 1) quella dei giornalisti non sarà più una professione intellettuale riconosciuta e tutelata dalla legge; 2) risulterà abolita la deontologia professionale fissata negli articoli 2 e 48 della legge professionale n. 69/1963; 3) senza la legge n. 69/1963, cadrà per giornalisti (ed editori) la norma che impone il rispetto del “segreto professionale sulla fonte delle notizie”. Nessuno in futuro darà una notizia ai giornalisti privati dello scudo del segreto professionale; 4) senza legge professionale, direttori e redattori saranno degli impiegati di redazione vincolati soltanto da un articolo (2105) del Codice civile che riguarda gli obblighi di fedeltà verso l’azienda. Il direttore non sarà giuridicamente nelle condizioni di garantire l’autonomia della sua redazione; 5) Il Contratto non avrà il sostegmo deontoloogioco della legge professionale vincolante anche per gli editori, che oggi non possono impartire al direttore e al collettivo redazionale disposizioni in contrasto con quella legge; 6) una volta abolito l’Ordine, scomparirà l’Inpgi. I giornalisti finiranno nel calderone dell’Inps, regalando all’Inps un patrimonio di 3mila miliardi di vecchie lire (immobili e riserve).

DEL BOCA: “L’ORDINE DEI GIORNALISTI VA RAFFORZATO”

Torino, 25 aprile 2008. L’Ordine dei giornalisti va rafforzato, non abolito: lo ha detto oggi, replicando al V2-Day di Beppe Grillo, il presidente nazionale dell’Ordine, Lorenzo Del Boca.«Il giornalismo e i giornalisti hanno tante cose da farsi perdonare – ha detto del Boca – ma che cosa c’entra l’Ordine professionale? Anzi dovrebbe avere maggiori poteri per essere più incisivo nel far rispettare la deontologia». Senza Ordine – sostiene il suo presidente – non ci sarebbe modo di richiamare i giornalisti al rispetto della deontologia, delle regole di un giornalismo corretto, vincolato al principio della verità dei fatti. Anche sulle sovvenzioni va fatta chiarezza: «Alcune testate le ricevono senza meritarle, ma se non ci fossero finanziamenti, sarebbero ridotte al silenzio alcune voci libere, che non ce le farebbero a camminare da sole. Chi resterebbe in edicola? Gli editori che non avrebbero difficoltà a mettere mani al portafoglio per pagarsi una quantità di notizie cucite su misura». (ANSA).

IACOPINO: ANTISTATO CONSIDERA NEMICI I GIORNALISTI

Caserta, 25 aprile 2008. «C’è sempre un giornalista nel mirino dei nemici dello Stato»: lo ha ricordato il segretario dell’Ordine nazionale dei giornalisti, Enzo Iacopino, intervenendo a Caserta alla catena umana di solidarietà con i bersagli delle minacce del clan dei Casalesi, tra cui la giornalista de «Il Mattino» Rosaria Capacchione. Iacopino, in una lettera inviata agli organi di informazione, ha collegato la riflessione sul ruolo dei giornalisti con le rivendicazioni espresse nel V2-Day di Beppe Grillo, in cui si chiede tra l’altro l’abolizione dell’Ordine professionale. «La vita ci regala singolari coincidenze. In occasione del primo V Day ero a Palermo – ha ricordato Iacopino – per una manifestazione di solidarietà con Lirio Abbate, minacciato dalla mafia. Oggi c’è il secondo V Day e sono a Caserta per testimoniare da quale parte è schierato l’Ordine dei giornalisti con i suoi iscritti: da quella di Rosaria Capacchione, minacciata dalla camorra». A parere di Iacopino «c’è sempre un giornalista nel mirino dei nemici dello Stato, del progresso sociale, della crescita democratica e consapevole del Paese. Ne sono pienamente consapevoli i cittadini che non hanno tribune, non hanno su di loro riflettori, chiedono di poter vivere in una società sicura, e di avere una informazione che rispetti la verità osservando regole deontologiche che soltanto l’Ordine dei Giornalisti può garantire». «Altri – ha aggiunto – dovrebbero trovare un motivo di riflessione nel fatto che l’anti Stato considera suoi nemici i giornalisti. Questo è un Paese che consente a tutti, anche a me, di manifestare liberamente un’opinione. Si può addirittura scegliere la posizione che coincide con quella dell’anti Stato criminale che tenta di ridurre al silenzio i giornalisti». (ANSA).

SENTENZA n. 11/ 968 della CORTE COSTITUZIONALE

L’Ordine dei Giornalisti è legittimo

a) perché “lascia integro il diritto di tutti di esprimere il proprio pensiero attraverso il giornale”.

b) perché l’Albo è obbligatorio soltanto per coloro che “manifestano il pensiero” per professione.

c) perché tutela, con la deontologia, “la libertà degli iscritti nei confronti del contrapposto potere economico del datori di lavoro, compito, questo, che supera di gran lunga la tutela sindacale del diritti della categoria e che perciò può essere assolto solo da un Ordine a struttura democratica che con i suoi poteri di ente pubblico vigili, nei confronti di tutti e nell’interesse della collettività, sulla rigorosa osservanza di quella dignità professionale che si traduce, anzitutto e soprattutto, nel non abdicare mai alla libertà di informazione e di critica e nel non cedere a sollecitazioni che possano comprometterla”.

…………

“La Corte osserva che, se è vero che ove il soggetto interessato non trovi un giornale che lo assuma come praticante egli non potrà mai intraprendere la carriera giornalistica, è altrettanto vero che neppure il giornalista iscritto può svolgere la sua attività professionale se non trova un editore disposto ad assumerlo: il che dimostra che ci si trova di fronte a conseguenze che non derivano dalla legge in esame, ma dalla struttura privatistica delle imprese editoriali, nell’ambito della quale la non discriminazione può essere assicurata soltanto dalla concorrenza della molteplicità delle iniziative giornalistiche”.

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