Il governo corre contro il tempo per sistemare le frequenze prima del suo tracollo. O, almeno, vola per mettere al sicuro i canali del beauty contest.
Cioè quelli che, nella loro parte migliore, sono già impegnati dai superplayer (gli scartini sono per i nuovi entranti) e sui quali si rischia la rissa con le tv locali che non vogliono mollare i canali 61-69 UHF (destinati allo sviluppo della banda larga mobile) in assenza di certezze (= frequenze alternative) di un futuro da operatori di rete. Così, in fretta e furia, l’operoso ministro Romani ha predisposto il bando per l’assegnazione del dividendo esterno (appunto i canali che finiranno ai telefonici per una cifra, nelle ottimistiche aspettative governative, di almeno 2,4 mld di euro) che sarà pubblicato il 25 giugno e che fisserà le regole per definire le graduatorie degli operatori locali che sopravvivranno alla nuova selezione. Le ultime indiscrezioni parlano d’ipotesi d’indennizzo declinate non solo per chi rinuncerà definitivamente al ruolo di operatore di rete (e che godrà del massimo della miseria disponibile), ma anche per coloro che, da subito, s’accontenteranno (per un tozzo di pane) di farsi veicolare dai soggetti utilmente collocati che avranno comunque l’obbligo di trasportare sui propri mux due programmi di terzi a tariffe contingentate. E’ facile immaginare quanti accetteranno l’elemosina berlusconiana, sicché è facile ipotizzare quale sarà il cumulo di lavoro aggiuntivo che investirà, di qui a breve, il TAR Lazio. Non sarà però un problema per il governo del fare: più contenzioso giudiziale ci sarà, più tempo passerà (con una valida scusa) prima di assegnare a pericolosi competitori del duopolio le frequenze del dividendo interno. Quello veramente temuto da uno zoppo governo al tramonto.