Ddl editoria: per Levi solo i professionisti nel Roc. Cosi’ fini’ Videotel

Erano altri tempi, ma la storia e’ la stessa


da Civile.it

di Valentino Spataro

Il ddl editoria va avanti senza rallentamenti: mercoledì pomeriggio nella commissione Cultura della Camera l’audizione del sottosegretario alla presidenza del Consiglio e autore del testo Ricardo Franco Levi.

Chiede Valentina Baldisserri su Corriere.it: “Chi allora ha l’obbligo di registrazione nel Roc?

«Solo gli operatori professionali, quelli che svolgono come mestiere quello dell’attività editoriale. Il senso della legge per quanto riguarda Internet è quello di estendere ai giornali pubblicati su Internet le regole per i giornali pubblicati sulla carta stampata». “

La tecnica del divide et impera non finisce mai: i blogger potranno giocare, ma se diventano professionisti dovranno iscriversi.

Levi non ha comunicato alcuna modifica, ma la risposta e’ comunque indicativa: qui lavora professionalmente su internet si deve registrare al Roc.

Che significa che bambaccioni, giovani, nuovi imprenditori dovranno prima di iniziare trovare un consulente che li iscriva al Roc, pagare una tassa annuale di iscrizione al Roc, e forse trovare un direttore responsabile, un editore e chissa’ cos’altro. Per ora Levi assicura di tirare diritto, chi lo sa quale sara’ il testo definitivo.

Di certo vi e’ l’iscrizione al Roc, che allontanerà dal web tutti coloro che hanno una idea e vogliono provare a farla diventare un lavoro, senza spendere grandi capitali.

Levi, soprattutto, non dice che oggi chi vuole registrarsi al Roc puo’ farlo. Ma non e’ obbligatorio.

Ed e’ questo che ha permesso a tanti piccoli blogger di diventare lavoratori in proprio, produrre reddito e pagare nuove tasse allo Stato.

L’iscrizione al Roc, e la dichiarazione annuale (provate a farvela da soli), fara’ rinunciare i piu’.

Non e’ una previsione da maghetto.

C’e’ un precedente storico. Ce lo racconta Zeno Zencovich.

Videotel. Su richiesta dell’Ordine dei Giornalisti del Lazio il Ministero di Grazia e Giustizia disse che i giornali telematici potevano iscriversi. E la lettura della circolare fu seguita da una lettera con la quale fu imposta la registrazione in tribunale di tutti coloro che offrivano servizi professionali su videotel.

Cosi’ mentre la Francia sviluppava una cultura telematica portando in tutte le case il minitel (il loro videotel), in Italia in pochi mesi nessuno uso piu’ internet perche’ non c’erano piu’ tanti servizi utili come prima.

Avevano chiuso. E chi si registro’ lo fece inutilmente, perche’ le persone comunque buttarono in cantina il videotel.

La rete si deve chiedere: e’ il momento di lasciare che ognuno possa diventare impresa, e guadagnare, oppure dobbiamo imporre burocrazia a tutti coloro che da passione volessero cominciare a creare un nuovo lavoro ?

Continua Corriere.it: “Quindi le preoccupazioni per chi ha un blog privato non esistono?

«Non esistono nella maniera piu’ assoluta. Possono stare non tra due ma tra dieci guanciali». “

Certo Levi.

L’importante e’ che non si accorgano che la loro passione, senza capitali iniziali, possa diventare un lavoro. Perche’ il passaggio significa costi di consulenti, tasse e burocrazia che, invece di aumentare la concorrenza e il pluralismo, la ridurra’.

A favore di chi e’ gia’ sul mercato e ha i capitali, togliendo di mezzi quei giovani che non hanno i capitali per provare un lavoro nuovo.

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