Che la televisione sia la maggiore cassa di risonanza nel nostro paese, è una questione assodata; che ragazzini e ragazzine sognino (non tutti, ma un gran numero) di entrare a far parte della “giostra” televisiva, è una dura realtà; che, quindi, i personaggi che popolano l’etere siano i più in vista della società, i più invidiati e i più ambiti è un’oggettività cui bisogna rassegnarsi. Molti di essi, poi, intraprendono strade differenti, spesso in disarmonia con il loro precedente ruolo televisivo; c’è chi vi riesce, chi no, chi scopre attitudini che non pensava di avere, chi capisce che il suo posto non può che essere dietro lo schermo. E’ molto interessante il fenomeno che vede sempre più “mostri” della tv, showman e showgirl, comici, presentatori (e chi più ne ha , più ne metta!) cimentarsi nel mondo letterario, scrivendo libri che riconducono alla propria carriera televisiva o romanzi, che si distaccano totalmente dall’immagine di cui essi godevano nel mondo dello spettacolo. Da Fabio Volo a Giorgio Faletti, da Silvio Muccino ai libri dei comici (numerosissimi), alle barzellette sui calciatori famosi, questa forma di letteratura pare godere di un successo decisamente maggiore nei confronti dei “professionisti del mestiere”, i letterati veri e propri. Questi, sempre più indignati, lamentano questa strana circostanza, ammonendo il pubblico dei lettori nei confronti di questa letteratura anomala, che poco ha di quella reale e, anzi, contribuisce a rendere quest’ultima sempre meno appetibile e sempre più “di nicchia” all’interno di una società tele-dipendente. I dati parlano chiaro: a fronte dell’ abituale successo dei soliti noti, come Dacia Maraini che, pur senza “passaggi” o sponsorizzazioni televisive, vende 200mila copie con la sua ultima opera “Colomba”, la maggior parte degli scrittori di professione stenta nel volume delle vendite, al contrario dei più famosi neo-colleghi provenienti dalla televisione che vendono sempre più copie e, occorre sottolinearlo, risollevano le sorti di un settore che stenta non poco a sopravvivere. Le 330mila copie dell’ultimo lavoro di Volo, i primi posti della top ten che Muccino occupa stabilmente ormai da tre mesi, addirittura le 700mila copie vendute dall’ultimo best seller di Giorgio Faletti, rappresentano un dato inequivocabile sull’attuale situazione. Se è vero che questi autori non possono certo avere le conoscenze del mondo letterario che possiedono i “professionisti”, è pur vero che questi dati rispecchiano in pieno la situazione della società italiana, sempre più infarcita di pupe, veline e calciatori, dove l’ambizione dei giovani è quella di entrare a far parte di questo mondo ovattato, dove i guadagni sono da capogiro e il divertimento è assicurato. Il discorso di fondo è di natura sociologica ed è molto complesso, non analizzabile solo in termini di copie vendute. A tal proposito, Stefano Zecchi, filosofo ed ex assessore del comune di Milano, afferma: “I critici e i letterati discreditano la tv solo perché si accorgono che non influenzano più il lettore in quanto sono una comunità asfittica che parla solo a un gruppo di amici. La tv è un veicolo pubblicitario, aiuta a vendere ma serve anche il tam tam e aver scritto un’opera che parli alla gente”. La società è cambiata, radicalmente cambiata, e non certo da oggi. E’ ora che i letterati, i romanzieri, gli scrittori di professione, abbandonino il pregiudizio nei confronti di questi new writers ed imparino a convivere con questa nuova forma di concorrenza. E’ vero che le qualità letterarie (spesso dubbie, c’è da dirlo) non sono certamente le stesse ma i dati di vendita non lasciano adito a dubbi: o ci si converte alla “moda” del momento o si accetta di restare relegati nella propria nicchia a scrivere opere per pochi, a guadagnare cifre bassissime e a restare nel quasi totale anonimato, con la consolazione, però, di appartenere ad una casta superiore. (G.C. per NL)