Potrebbe essere che quella che stiamo osservando oggi sia la massima offerta quantitativa raggiungibile e raggiunta dal DAB?
Dovrebbe stupire un osservatore attento se l’attuale catalogo di oltre 200 FSMR (fornitori di servizi di media radiofonici) nelle aree demograficamente più rilevanti (Milano e Roma), perlopiù locali, fosse destinato drasticamente a ridursi entro un anno dalla stabilizzazione dei diritti d’uso, per rinuncia di molti colonizzatori digitali della prima ora?
Un recente studio stima infatti una riduzione del 25% dell’offerta DAB locale entro 12 mesi dalla stabilizzazione dei diritti d’uso.
Con una annotazione non scontata: ad abdicare non saranno solo FSMR nuovi entranti, partiti un po’ alla garibaldina, sulla scorta di un entusiasmo smile (se non identico) a quello delle radio libere della seconda metà degli anni ’70.
A lasciarci le penne, secondo tale prospettazione, potrebbero essere anche alcuni degli attuali soci dei consorzi, sopraffatti dai costi del simulcasting.
Non è una novità che il settore radiofonico italiano, alla luce delle trasformazioni tecnologiche, del cambiamento delle abitudini degli utenti e degli sviluppi normativi in corso, si troverà a un bivio cruciale dopo la stabilizzazione delle attribuzioni dei diritti d’uso ai consorzi DAB locali (che avverrà presumibilmente prima di fine 2025, se, come pare, non si terranno i beauty contest).
Il processo di transizione dall’analogico FM al digitale, trainato dall’affermazione della tecnologia numerica via etere e dallo sviluppo della distribuzione disintermediata delle piattaforme over the top – con le conseguenze determinate dalla moltiplicazione dell’offerta e dalla concorrenza dello streaming on demand -, rappresenta una sfida epocale, non solo in termini tecnologici, ma anche in relazione alla sostenibilità dei modelli di business della filiera radiofonica.
FSMR e la relativa filiera
Parliamo dei fornitori di servizi di media radiofonici (FSMR), di servizi, di prodotti e dei consorzi titolari delle reti di distribuzione digitale via etere (o quantomeno dei diritti d’uso). Soggetti chiamati necessariamente ad interagire per tenere a galla la medesima barca.
Dopo la festa
Dopo l’euforia dell’attribuzione dei primi diritti d’uso ai consorzi DAB locali sorgerà l’inevitabile e prevedibile interrogativo: quanti FSMR hanno realmente riflettuto sulle implicazioni economiche a lungo termine dei loro progetti?
Lezione dalla banda 700 MHz: un passato non troppo distante
La non lontana esperienza del refarming della banda 700 MHz, che ha interessato il settore televisivo, avrebbe dovuto offrire importanti spunti di riflessione preventiva.
Mancata capitalizzazione
Eppure, nonostante le similitudini nei processi normativi, regolamentari, tecnologici, editoriali e commerciali, molti operatori radiofonici sembrano non aver capitalizzato le lezioni apprese.
Criticità strategiche
L’assegnazione dei diritti d’uso per le reti DAB locali, basata su modelli derivati dal digitale terrestre televisivo (DTT), ma aggravati dal fatto che nel caso di questi ultimi si ha a che fare con strutture più snelle, quali sono gli operatori di rete puri – più agevoli di enti consortili affaticati dall’assunzione di decisioni che presuppongono processi valutativi lunghi ed articolati -, ha infatti evidenziato criticità strategiche.
Difficoltà prevedibili, ma non previste
Difficoltà peraltro prevedibili (ed infatti da noi esposte criticamente sin dall’esordio della scelta del modello consortile), ma, purtroppo, non sempre considerate a sufficienza.
La luna…
Le procedure di assegnazione dei diritti d’uso DAB+ si configurano come un mix tra quelle per gli operatori di rete DTT ed i fornitori di servizi di media audiovisivi (FSMA).
… ed il dito
Tuttavia, con grave sottovalutazione, l’attenzione si è, in molti casi, concentrata prevalentemente sugli aspetti tecnici e regolamentari, trascurando il nodo cruciale: la sostenibilità economica dei progetti nel lungo periodo.
Il ruolo dei modelli di business: dalla teoria alla pratica
Un consorzio DAB, per sua natura, è una società consortile con scopo mutualistico, ma compatibile con le finalità di lucro. Questo implica la necessità di definire modelli di business solidi, in grado di reggere al decorrere del tempo, che vadano oltre l’immediato soddisfacimento dei requisiti per le attribuzioni dei diritti d’uso.
L’esempio televisivo
La lezione appresa dal DTT è chiara: i pochi operatori di rete nazionali e regionali che hanno saputo strutturare economie di scala, dotandosi di efficienti sistemi di commercializzazione e promozione dei servizi, hanno ottenuto un vantaggio competitivo significativo, sia in termini di punteggi nei bandi sia nella gestione economica successiva (un esempio virtuoso sono le società di intermediazione di capacità trasmissiva, sorte dopo il refarming).
Repetita (non) iuvant
Eppure, nonostante l’esperienza televisiva e quella del lungo periodo di sperimentazione tecnica, molti consorzi radiofonici locali sembrano ripetere errori già osservati in ambito DTT, dimenticando l’importanza di una preventiva customer discovery adatta alle loro reali capacità operative ed economiche, affrontando il mercato senza un’adeguata esposizione della loro missione ed organizzazioni commerciali, tecniche e logistiche snelle ed efficienti.
Prime difficoltà ravvicinate
Infatti, in ambito televisivo, già dopo poco più di un anno dalle assegnazioni dei diritti d’uso e dalla collocazione della capacità trasmissiva, avevano iniziato a manifestarsi le prime difficoltà.
Costi insostenibili e ripensamenti strategici
Diversi fornitori di contenuti, che avevano sottoscritto contratti di trasporto sulle ali dell’entusiasmo delle sedute pubbliche degli FSMA si sono trovati, in breve tempo, in situazioni di insostenibilità economica, causate da una valutazione superficiale dei costi e dall’assenza di progetti editoriali e commerciali in grado di reggere il confronto su un mercato estremamente competitivo e reso ancora più tale dalla moltiplicazione dell’offerta.
Alleanze, rotture e ristrutturazioni
Ciò, se in qualche caso ha portato ad alleanze strategiche tra operatori di rete, in molte più numerose circostanze ha condotto a risoluzioni contrattuali, rinunce di titoli FSMA/LCN ed a conseguenti ristrutturazioni forzate.
Lezione disertata
Questa lezione fondamentale sembra essere stata disertata dai radiofonici: solo ora, in troppi casi, ci si chiede come molti FSMR possano garantirsi sostenibilità nel tempo. E come, di conseguenza, possano farlo i consorzi di cui sono soci o clienti (nel caso dei nativi digitali).
Due gruppi
Come noto, infatti, i FSMR si dividono in due gruppi: quelli di derivazione analogica (concessionari FM) che hanno titolo per essere soci dei consorzi ed i cd. nativi digitali indipendenti, che degli operatori di rete possono essere solo clienti.
Partiamo e vedremo
Se per i primi entrare nei “condomini” DAB non è stata una scelta, ma una necessità (per ritagliarsi uno spazio sulle nuove autoradio che penalizzano la FM favorendo la sintonizzazione digitale via etere) – che ha comportato sostanzialmente solo un aumento dei costi per preservare la continuità dell’attività – non raramente tra i secondi troviamo quell’entusiasmo non sorretto da piani d’impresa oculati che caratterizzò la stagione dei cento fiori delle radio libere.
Le stazioni dei 100 fiori
“Una parentesi effimera, che vide la vita media delle prime emittenti libere concludersi nell’arco di 24/36 mesi“, spiega uno studio di Media Progress, società di analisi strategica e ricerche di mercato del gruppo Consultmedia. “Un’esperienza che ha molte similitudini con la colonizzazione del DAB da parte di nuovi entranti indipendenti che, non casualmente, sono qualche volta proprio gli stessi soggetti che parteciparono alla liberalizzazione dell’etere dopo la sentenza 202/1976 della Corte Costituzionale e, molto spesso, editori FM di ritorno, che approdano sul DAB a distanza di anni dalla cessione dei propri asset frequenziali o collaboratori degli stessi, che hanno visto nel digitale via etere la possibilità di mettersi in gioco direttamente, per sperimentare formati ed idee tenute nel cassetto”, si legge nel rapporto di Media Progress.
Cicli esistenziali di FSMR nativi digitali in via di completamento
Secondo la società di analisi strategica, almeno il 25% di tali progetti, tuttavia, è destinato a concludere il proprio ciclo esistenziale nell’arco di 24 mesi dall’esordio (spesso avvenuto già nella fase di sperimentazione dei consorzi DAB, quindi oltre un anno fa) per assenza di un progetto sostenibile sul piano economico.
Prove di resistenza
“Raramente tali progetti hanno analizzato ex ante la possibilità di resistere in un mercato già competitivo e reso ancora più tale dalla triplicazione dell’offerta contenutistica via etere in breve tempo”, avverte Media Progress.
Fragilità economico-finanziaria
“La fragilità economico-finanziaria è più evidente nelle iniziative musicali, quasi sempre ancorate a principi nostalgici: la riproposizione di un catalogo musicale anni 70, 80, 90, non accompagnato da un valore aggiunto che possa realmente fare la differenza in un’offerta già ampissima, soprattutto grazie allo streaming audio on demand.
Schema d’affari altrove
Differente il caso di FSMR nativi digitali portatori di offerte verticali relative ad attività che hanno nel DAB un rafforzamento di una distribuzione già presente su altre piattaforme. E’ il caso dell’estensione dell’ecosistema di editori già solidamente presenti sul web (e che dallo stesso traggono risorse economiche attraverso l’affermazione di modelli di business efficaci) o in altre aree di mercato (le cosiddette branded stations, stazioni che nascono col solo scopo di amplificare il marchio dell’editore).
Schema d’affari robusto consolidato altrove
In questi casi, la presenza di uno schema d’affari robusto, perché consolidato altrove, rende più sostenibile il progetto”, commenta a Newslinet Giovanni Madaro, ceo di Media Progress.
Panacea
E proprio tali progetti sono, non raramente, una panacea per consorzi DAB che difficilmente troverebbero risorse sufficienti per stare sul mercato col solo contributo dei soci, gravati dalla necessità del simulcasting FM (in quanto concessionari analogici).
La follia del recinto
Ed infatti proprio i modelli consortili che escludono la vendita di capacità trasmissiva a soggetti esterni rischiano di essere intrinsecamente fragili, poiché si basano esclusivamente sui contributi dei soci che, a quanto risulta a Newslinet, in molti casi si stanno già disimpegnando davanti alla prospettazione dei necessari investimenti (e previsti dai piani prodotti per le attribuzioni dei diritti d’uso).
Prospettive grigie
E parliamo del momento immediatamente successivo alle attribuzioni dei diritti d’uso. Figurarsi dopo.
L’opportunità dei nativi digitali branded
“Un elemento chiave per garantire la sostenibilità dei consorzi DAB di emittenti locali (che, ripetiamo, hanno una forma giuridica differente da quella degli operatori di rete DTT, che sono essenzialmente strutture commerciali) è rappresentato dai citati nativi digitali branded, cioè quegli editori indipendenti sorti sulla base di un progetto di supporto della redditività che si è affermato in altri ambiti e che, come detto, trova oggi nell’etere un’opportunità di estensione senza la pretesa di farlo divenire l’unico vettore”, avverte Media Progress.
Modelli differenti
“Questi soggetti sono geneticamente differenti dai concessionari soci consortili: da una parte non godono, per esempio, delle misure di sostegno ex DPR 146/2017 e non accedono (per ora) alle rilevazioni d’ascolto che consentono l’inserimento nei circuiti pubblicitari nazionali; tuttavia, allo stesso tempo, non sono appesantiti dalla doppia gestione impiantistica (FM+DAB) e sfruttano una elasticità nativa, insita nella novità di cui sono portatori”, sottolinea Media Progress.
Autonomia economico-finanziaria
Per questo, spesso, come detto, tali iniziative esordiscono già con soluzioni di differente sostegno economico-finanziario, essendo non raramente espressioni laterali di altre attività che attraverso la distribuzione radiofonica digitale alimentano il core business. Sono progetti molto simili, “come principio concettuale, alla presenza di canali in chiaro sul DTT che fungono da specchietto, da vetrina, dei contenuti fruibili in maniera più vasta sulle piattaforme on demand fruibili sulle smart tv. Un modello assolutamente replicabile sul DAB, dove la diffusione lineare via etere serve ad intercettare utenza da soddisfare più approfonditamente sul web”, si legge nel rapporto.
Guardare all’esterno
E proprio questi soggetti – è ormai evidente – offrono un’importante fonte di ricavi per i consorzi locali, portando vitale linfa economica dall’esterno.
Scetticismo già all’indomani delle attribuzioni dei diritti d’uso
Per converso, già nell’ultimo anno, si è osservato un crescente scetticismo da parte degli editori, in primis quelli comunitari, sulle scelte effettuate per aderire a determinati consorzi: la mancanza di una visione strategica condivisa; l’assenza di modelli inclusivi che tengano conto delle reali esigenze del mercato e schemi gestionali elefantiaci ed ingessati (se non, qualche volta, in odore di conflitto d’interessi), stanno generando dubbi crescenti.
-25% dell’offerta FSMR entro 12 mesi dalla stabilizzazione dei consorzi DAB
Quesiti che trovano conferma dagli analisti di Media Progress: “Alla luce di tali considerazioni e dei trend esaminati negli ultimi 24 mesi, ci appare plausibile che entro un anno dalla stabilizzazione dei consorzi DAB locali con l’attribuzione di diritti d’uso definitivi (o comunque controversi), l’offerta contenutistica complessiva possa ridursi del 25% sia per rinuncia di FSMR nativi digitali.
Drenaggio di risorse
I quali, in assenza di uno schema efficiente di sostentamento (progettazione, realizzazione, vendita di un prodotto editoriale), non possano sostenere i costi di veicolazione degli operatori di rete, che di emittenti analogiche socie dei consorzi appesantite insopportabilmente dal simulcasting FM, DAB e IP (che drena ulteriori risorse, stante la necessità di presidiare ormai un centinaio di differenti piattaforme di fruizione)”.
Ubi maior, minor cessat
“Davanti infatti alla scelta esistenziale di disimpegnare risorse economiche dalla FM o dalla partecipazione a consorzi DAB, molti editori opteranno quasi certamente per la seconda ipotesi”, chiosa Giovanni Madaro.