Il sistema operativo a pagamento di Microsoft, “emblema dell’imperialismo Usa”, sarà bandito dagli uffici pubblici di Cuba, per far spazio al software open source Linux, gratuito e sicuro. La decisione del governo cubano è stata annunciata la scorsa settimana dal ministro per l’Informatica e per le Comunicazioni, Ramiro Valdes (foto), in occasione della XII esposizione informatica, tenutasi presso l’università de L’Avana. Come accaduto alcuni mesi fa in Venezuela, infatti, il governo ha scelto la strada dell’open source per svincolarsi dall’egemonia di Microsoft, quindi per motivi ideologici (causando a Gates non pochi grattacapi), e per far risparmiare alla propria pubblica amministrazione cifre considerevoli in licenze. Un grosso passo in avanti, una vera e propria svolta epocale, che ha ricevuto un plauso quasi unanime da parte degli esponenti del mondo informatico, primo tra tutti l’americano Richard Stallmam, vero guru informatico e “padre” del Copyleft e della Free Software Foundation, che ha avuto dure parole di condanna per Microsoft e per Bush (“il più grande violatore della libertà”), ed ha applaudito la svolta cubana verso l’open source, pur condannandone aspramente le restrizioni imposte dal governo (“il controllo dell’accesso a internet non mi piace”). Già, infatti, come sottolineato più volte da Reporters sans Frontières, Cuba si trova ancora estremamente indietro sul piano della libertà d’espressione e, conseguentemente, della libertà d’espressione in rete (ritenuta la più “pericolosa”). Sono solo 150.000, infatti, le pagine web consultabili dai portali cubani (cui solo il 2% della popolazione ha accesso, anche a causa dell’embargo Usa, che impedisce l’accesso alle connessioni satellitari ed alle dorsali sottomarine per la fibra ottica), con una serie infinita di censure per siti, blog e motori di ricerca ritenuti “sovversivi”. Inoltre, “2×3”, il Google cubano, è in grado di fornire esclusivamente contenuti preventivamente “filtrati” dalle autorità cubane, escludendo tutto ciò che lede l’ideologia e la politica del regime. Un grosso applauso a Cuba, quindi, per quest’importante rinnovamento nella politica informatica, ma una dura condanna nei confronti delle limitazioni alla libertà d’espressione, davvero deprecabile. (G.C. per NL)