Tre soci della società Audiradio (Finelco, RDS e RTL 102,5) non approvano motivatamente il controverso bilancio 2010 e imputano alla RAI la causa del congelamento dei dati che sta compromettendo la raccolta pubblicitaria nazionale ed areale.
Il responsabile dello stallo in cui si dibatte da un anno la società di rilevazione dell’audience radiofonica, bloccata a causa delle persistenti e ostili indecisioni a riguardo dei metodi di rilevazione degli ascolti e dell’elaborazione dei dati, sarebbe, secondo i tre importanti gruppi radiofonici italiani, la RAI. Le ragioni di tale considerazione, palesate dai presidenti delle rispettive emittenti sul quotidiano Italia Oggi del 2 giugno, sembrano indirizzarsi verso un unico perché: RAI insiste nel non aderire alla proposta salvifica dell’Utenti Pubblicità associati (UPA) e di Assocomunicazione di consegnare le ricerche Cati e Panel Diari ai soci che, utilizzandole, potrebbero approvare con fondamento il bilancio 2010 della società giustificando i milioni di euro spesi (che diversamente non troverebbero ragione). Il blocco all’impiego dei costosi risultati dell’indagine condotta sarebbe da ricondurre all’esercizio del diritto di veto da parte della RAI, che, in qualità di maggior azionista di Audiradio, eserciterebbe tale facoltà da mesi, impedendo – secondo la prospettazione dei citati soci – qualsiasi iniziativa volta a riavviare l’attività della società per la misurazione dell’ascolto radio. La consegna e la pubblicazione dell’indagine Cati 2010 è, quindi, ostacolata dalla posizione negativa di RAI, che soffrirebbe solo in parte dei disagi commerciali ed economici delle emittenti private, godendo del sovvenzionamento garantito dal canone. “E’ chiaro, quindi, che Rai sta danneggiando i suoi concorrenti, sfruttando la posizione di chi non assume il rischio di mercato”, afferma Alberto Hazan, presidente di Finelco, nell’intervista di Italia Oggi. Una sorta di concorrenza sleale giustificata dalla posizione di maggioranza all’interno della società. Ma l’incidenza e il peso dell’ente pubblico su Audiradio può inficiare la volontà degli altri soci e, soprattutto, pregiudicare un possibile recupero della situazione? La questione è già sotto gli occhi di Agcom e Antitrust, che sarebbero dell’avviso della necessità di una corporate governance pulita dai cosiddetti "diritti speciali" che comprimono il naturale esprimersi della volontà maggioritaria e l’interesse della società a riattivarsi nel mercato. Il rischio della liquidazione e quindi della chiusura della società è pressoché tangibile: “Ovvio che se dovesse chiudere Audiradio, tutto andrebbe a vantaggio della carta stampata”, afferma il presidente di Rtl 102,5 Lorenzo Suraci, nel medesimo articolo. “Certo, se Audiradio dovesse andare in liquidazione sarebbe un disastro. Nessuna radio, da sola, potrebbe commissionare una ricerca di milioni di euro”, gli fa eco Alessandro Buda, direttore generale di Rds advertising e presidente di Fcp-Assoradio. Ergo, atteggiamento pilatesco della Rai; catastrofe per Audiradio; effetti negativi per i soci e per le radio nazionali, nonché per le centinaia di emittenti locali che necessitano di un’attiva indagine sugli ascolti. I dati di ascolto sono una risorsa preziosa, quale strumento di relazione con i clienti e con il mercato, frutto di un metodo di rilevazione condiviso e solido: Audiradio deve ripartire e lo deve fare attraverso una volontà comune e condivisa. Ora la parola fine dell’inquietante vicenda potrebbe essere spesa nel c.d.a. di metà giugno, consesso nel quale sono riposte le speranze di tutti gli operatori di una composizione che possa far ripartire la radiofonia italiana. (C.S. per NL)