Londra – Le major discografiche hanno deciso di “continuare a farsi del male” – citando il Michele Apicella dal film “Bianca”. Se a febbraio il rapporto di BigChampagne aveva delineato le tendenze internazionali di crescita del P2P, adesso è arrivato il quarto Digital Music Survey – realizzato da Entertainment Media Research e Guardian – a scongiurare ogni genere di dubbio riguardante il fenomeno nel Regno Unito.
In base ai dati raccolti su un campione di 1700 utenti, il 43% ha ammesso di scaricare illegalmente – e abitualmente – tracce audio dal web. Il ricorso al P2P illegale sarebbe in netta crescita, e in nessun modo scalfito dalle rinnovate campagne legali delle major.
Il punto chiave, come sottolinea il sondaggio britannico, è che il numero di sharer illegali è in continuo aumento: nel 2005 erano il 40%, nel 2006 solo il 36%. Insomma, l’anno scorso era stata rilevata una leggera flessione, secondo molti giustificata dal rischio di denuncia. Passato l’uragano mediatico, però, quel 42% che si era dichiarato intimorito dall’eventuale persecuzione, adesso è sceso al 33%.
Uno degli aspetti più interessanti dell’indagine, è che almeno un utente su cinque – circa il 18% – avrebbe candidamente ammesso di voler scaricare illegalmente ancora più tracce. Nel 2006 erano solo l’8%.
Motore di questa impennata di “illegalità” – secondo il Survey – sarebbe la politica commerciale delle case discografiche. Il costo dei CD nei negozi è sceso leggermente, ma in proporzione non quello del tracce audio digitali. L’indagine infatti suggerisce una rinnovata strategia, basata su una maggiore differenziazione delle tariffe. L’84% dei consumatori, infatti, è dell’idea che i titoli di archivio dovrebbero costare meno; contemporaneamente, il 48% è convinto che le ultime novità potrebbero costare anche qualcosa di più.
“Dato che il downloading illegale cresce e il timore delle cause perde di incisività, l’industria musicale dovrebbe cercare nuovi modi per incoraggiare il pubblico a scaricare la musica legalmente”, ha dichiarato John Enser, capo del settore musicale per lo studio legale Olswang. Eppure la BPI (British Phonographic Industry) continua a ribadire l’intenzione di non voler cambiare strategia, e “giocarsi” tutto in tribunale. “L’industria non può agire da sola”, ha dichiarato recentemente il portavoce di BPI al Guardian: “Anche gli Internet Service Provider, in qualità di supervisori, e il Governo come legislatore, devono giocare un ruolo attivo nell’affrontare il furto di copyright, se il Regno Unito vuole prosperare nell’economia della conoscenza”.
Da una parte, insomma, strategie stagnanti, quasi di logoramento. Sul fronte P2P, invece, dinamismo e innovazione. Perché se ad aprile si parlava di alta definizione sulla piattaforma Azureus, oggi Slick News ricorda come la comunità di sviluppatori open source SourceForge abbia assegnato gli annuali Community Choice Awards come “Miglior nuovo progetto” dalle grandi speranze, proprio a eMule.
Dario d’Elia