Cosa resterà del TER?

del ter

Non certo il ricordo delle premesse per la risoluzione dei problemi che avevano portato al default della prima Audiradio e le promesse di un’indagine trasparente, moderna, aperta a tutti gli editori.
Del TER, piuttosto, sarà ricordata l’inutilità delle tensioni del 2022 e del 2023 con RAI, che hanno danneggiato enormemente le relazioni tra i soci e minato la credibilità della radiofonia (tutta). Facendo apparire il settore vecchio, conservatore, privilegiato, incapace di comunicare efficacemente verso l’esterno (e forse anche all’interno).

Cioè esattamente il contrario delle caratteristiche del mezzo radiofonico, che ha dimostrato fin qui di essere resiliente, progressista, sottostimato, persuasivo.

Buon senso

A giugno 2023 scrivevamo: “Comunque finirà, ha vinto Roberto Sergio. Così l’indagine non può andare avanti”. Ma non serviva leggere nel futuro: bastava interpretare il presente. Che era costituito da richieste di buon senso di RAI.

Il ricordo

La prima proposta di RAI al CdA del TER era, infatti, di prendere atto dell’inquinamento del dato del primo semestre 2023, determinato da azioni autopromozionali di troppe emittenti, che avevano astutamente giocato sull’incapacità del metodo CATI (interviste telefoniche fondate sul ricordo dell’ascolto) di resistere a certe sollecitazioni. E quindi di non pubblicare le risultanze (quantomeno le proprie) di rilievi dubbi nella loro oggettività.

La frammentazione dei device

La seconda richiesta di RAI era di innovare il sistema, passando da un metodo da troppo tempo esclusivamente dichiarativo ad una rilevazione elettronica, almeno in parte, di modo da poter rappresentare l’ascolto nella sua mutata configurazione multidevice, quantificandolo in misura meno empirica.

Fatto

La dimostrazione dell’inutilità del muro contro muro primaverile sarebbe stata la decisione di fine anno (2023) di TER – a credibilità dell’indagine ormai minata – di assecondare la richiesta di RAI di non pubblicare un dato d’ascolto inquinato da azioni promozionali. Che il Tavolo Editori Radio non era riuscito a inibire e nemmeno a gestire, per la verità (si attendono ancora gli esiti delle verifiche annunciate).

Fatto

La necessità di cambiare modello ed organizzazione, seconda richiesta di Roberto Sergio, sarebbe stata invece corroborata da Agcom, che di lì a poco l’avrebbe addirittura imposta a TER.

Presupposti

Imbarazzante, prima che cogente, prescrizione che avrebbe condotto alla nascita della seconda Audiradio. Su presupposti completamente diversi, non solo per l’integrazione nel sistema delle altre Audi (Auditel, Audiweb, Audipress, Audicom e prossimamente Audimovie e Audioutdoor), ma anche per l’immediato diverso approccio alla comunicazione, mostrato,  all’indomani dal suo insediamento, dal nuovo presidente, Antonio Martusciello. Uno stile, immediato, concreto, senza svolazzi.

Nemmeno il nome del TER

Sergio, quindi, non ha vinto, ma stravinto. Al punto che del TER non rimarrà nemmeno il nome sulla tomba, considerato che, prima di scomparire, esso è mutato in ERA (dopo essere stato svuotato della sostanza originaria col suo nuovo ruolo mero socio di capitali di Audiradio).

Perdita di tempo

Con un approccio meno intransigente e superbo e più conciliante e lungimirante, il Tavolo Editori Radio avrebbe, agevolmente, potuto e dovuto essere trasformato nella Audiradio stessa, con almeno un anno di anticipo (ma più probabilmente due). E, soprattutto, risparmiando un teatro decisamente spiacevole per il mondo radiofonico italiano.

Cosa resterà del TER

Ma tant’è.
E, comunque, del TER rimane allo stato solo la denominazione dell’ultima indagine in corso.
E, tra poco meno di un anno, un accenno di una riga sulla pagina di Wikipedia. 

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