Roma – La vicenda è ormai nota: la Corte di Giustizia dell’Unione Europea con la Sentenza resa nell’ambito del procedimento C-20/05 ha dichiarato non opponibile ai soggetti privati – in sede civile, penale ed amministrativa – l’obbligo di apposizione del contrassegno su supporti contenenti opere dell’ingegno diversi da quello cartaceo. La motivazione di tale decisione sta nel fatto che l’obbligo di apposizione del contrassegno SIAE dettato dall’art. 181 bis LDA costituisce una misura tecnica suscettibile – almeno in astratto ma, in realtà, anche in concreto – di restringere la libera circolazione dei beni e dei servizi all’interno del mercato unico.
Secondo i Giudici di Lussemburgo il Governo Italiano, pertanto – prima di promulgare le disposizioni di legge attraverso le quali l’obbligo di apposizione del contrassegno SIAE è stato esteso a supporti diversi da quello cartaceo – avrebbe dovuto notificare alla Commissione i propri disegni di legge per porla in condizione di compiere le valutazioni ad essa riservate dalla vigente disciplina europea.
È tuttavia pacifico che il Governo Italiano non vi ha mai provveduto, con la conseguenza che l’iter di produzione normativa di tali norme di legge risulta viziato e che le disposizioni in essa contenute non sono opponibili ai privati.
Nelle scorse settimane la Corte di Cassazione ha, a più riprese, chiarito tale principio, spingendosi ad affermare che l’assenza del contrassegno SIAE non solo non integra gli estremi di alcun reato ma non può neppure essere assunta ad indice sintomatico del carattere abusivo di una riproduzione.
Il popolo della Rete, la gente comune, quello degli artisti che si autoproducono e quello degli imprenditori ed editori costretti a farsi carico da anni del pagamento dell’odioso quanto inutile balzello ha gioito a tale notizia e, in taluni casi, sono partite le prime richieste di restituzione di quanto versato. Si tratta di milioni e milioni di euro finiti nelle casse della SIAE a fronte dell’emissione di quelle divertenti pecette argentate che dovrebbero garantire l’autenticità di una riproduzione.
Negli ultimi giorni, tuttavia, si è diffusa la notizia che i Giudici della Suprema Corte di Cassazione ci avessero ripensato e che con la Sentenza n. 27764 dell’8 luglio 2008 avessero dato nuova linfa vitale all’obbligo di apposizione del contrassegno SIAE ed alle sanzioni penali previste nel nostro Ordinamento per l’ipotesi di detenzione di supporti privi di tale bollino.
Niente di più falso.
Si è trattato – e non avrebbe potuto essere diversamente – solo di un’erronea – ci si augura in buona fede – titolazione delle massime circolate in Rete e/o di un’affrettata lettura della citata decisione della Cassazione nella quale, in realtà, non si fa che ribadire quanto già detto dai Giudici del Supremo Collegio: detenere supporti (CD o DVD) contenenti opere dell’ingegno privi del contrassegno SIAE non può più considerarsi reato ma, detenere opere illegittimamente riprodotte in violazione degli altrui diritti d’autore, invece, resta reato come – aggiungo io – è giusto che sia.
Nessuna nuova buona nuova, dunque, dal fronte giudiziario.
Il problema, tuttavia, è un altro.
Nei mesi scorsi, sull’onda del dibattito accesosi in Rete nel silenzio dei media mainstream, il Governo italiano ha provveduto alla notifica alla Commissione di una bozza di Regolamento contenente le misure di attuazione dell’obbligo di apposizione del contrassegno SIAE sancito dall’art. 181 bis LDA e destinato a sostituire l’attuale D.P.C.M. 21 dicembre 2001.
Nell’idea del Governo e, soprattutto – c’è da scommetterci – in quella della SIAE, la notifica dovrebbe valere a risolvere ogni problema ma è lecito dubitare di tale affrettata conclusione di evidente convenienza (per chi vuole continuare ad incassare cifre a sei zeri per una pecetta adesiva che poco o nulla ha a che vedere con la tutela dei diritti d’autore).
In primo luogo, infatti, il Governo avrebbe dovuto notificare a Bruxelles la normativa primaria volta – a suo tempo – ad introdurre nel nostro Ordinamento l’obbligo di apposizione del contrassegno SIAE e non già, semplicemente, quella secondaria relativa alle modalità di apposizione di tale contrassegno lasciando così intendere alle Istituzioni comunitarie che la novità starebbe solo nel “come” e non anche nell’introduzione di un obbligo sino a ieri non previsto.
Già sotto tale profilo, pertanto, la notifica appare irrituale e, dunque, all’indomani del completamento del procedimento dinanzi alla Commissione resterà spazio per nuove iniziative dinanzi alla Corte di Giustizia, volte a far ribadire l’illegittimità della disciplina italiana in materia di apposizione del contrassegno SIAE.
A prescindere, tuttavia, da tale considerazione è, evidente – mi auguro anche in SIAE e nel Palazzi del Governo – che la nuova (ed unica) notifica non produrrà effetti retroattivi con la conseguenza che – almeno sino al completamento della procedura di notifica – l’obbligo di apposizione del contrassegno SIAE dovrà continuarsi a ritenere non presente nel nostro Ordinamento, con ogni conseguenza sia sul versante penale che su quello civile.
Sotto il primo profilo nessuno potrà essere condannato per aver, semplicemente, detenuto – nel periodo precedente al completamento della procedura di notifica – supporti diversi da quello cartaceo contenenti opere dell’ingegno prive del contrassegno SIAE, salvo, naturalmente, che la riproduzione di tali opere sia risultata eseguita in violazione degli altrui diritti d’autore.
Sotto il secondo profilo – quello civile – la conseguenza di quanto sin qui detto è che la SIAE è tenuta a restituire quanto illegittimamente incassato a titolo di prestazione patrimoniale imposta da quanti si sono visti costretti – per effetto di una norma illegittimamente entrata a far parte del nostro Ordinamento – ad appiccicare sui supporti distribuiti il famigerato adesivo argentato.
L’irretroattività del perfezionamento – con circa dieci anni di ritardo – della procedura di notifica dovrebbe essere circostanza pacifica a tacer d’altro – e ci sarebbe molto altro da dire! – perché Governo e SIAE sono caduti vittima della loro stessa ingordigia.
Nel provvedere alla notifica a Bruxelles nel nuovo schema di Regolamento, infatti, si è preteso addirittura di ampliare il novero dei supporti sui quali il contrassegno SIAE andrebbe apposto con la conseguenza che, in ogni caso, la normativa – come si è detto solo secondaria – che, eventualmente, otterrà il via libera da Bruxelles è diversa da quella sino a questo momento opposta ai privati.
Aggiungere altro sembrerebbe superfluo ma non so resistere alla tentazione di ricordare, ancora una volta, che l’obbligo di apposizione di un bollino analogo al nostro è, allo stato, previsto solo negli ordinamenti portoghese e romeno mentre i parlamenti di Grecia e Cipro – dopo aver preso in considerazione l’idea – l’hanno accantonata.
Ma l’Italia, naturalmente, è un Paese moderno!
Francamente non so se e quanto un “bollino di autenticità” sia utile nella lotta alla contraffazione, ma credo che su un paio di considerazioni ci si possa trovare d’accordo:
(a) se un’utilità esiste, questa è per i titolari dei diritti e le società di intermediazione ma non certamente per gli artisti che si auto producono e per i distributori, ergo il prezzo del bollino non dovrebbero pagarlo questi ultimi ma i primi;
(b) nella società dell’informazione forse esistono sistemi meno preistorici per raggiungere lo stesso risultato: un codice a barre, ad esempio! Costerebbe meno – anzi non costerebbe affatto – e non rallenterebbe, come oggi accade, la distribuzione dei supporti in attesa che le famigerate etichette vengano ordinate, stampate, spedite ed appiccicate in milioni e milioni di esemplari ogni mese.
Guido Scorza
www.guidoscorza.it