Rispetto al 2008 è cresciuto nello scorso anno di oltre il 5% il numero dei ricorsi introdotti dai contribuenti innanzi alle Commissioni Tributarie Provinciali, passando da 548.303 a 578.653.
Raddoppiato, invece, l’incremento registrato dalle Commissioni Tributaria Regionali che si assestano a quota 105.031 procedimenti, a fronte di un decremento di oltre il 10% per litispendenza gestita dalla Commissione Tributaria Centrale. Numeri a parte, la fotografia erariale restituisce l’impressione che dietro all’aumento del contenzioso si accampi un incremento del lavoro svolto dall’Agenzia delle Entrate – d’altronde auspicato (ed in parte imposto) dallo stesso ministro dell’Economia Giulio Tremonti – che ha conseguentemente prodotto un’impennata della litigiosità dei cittadini. Ad organico pressoché invariato, l’incremento del carico giudiziario incide negativamente sulla durata dei processi di primo grado, per i quali, in certi casi, dalla data di ultima udienza a quella di deposito del dispositivo – nonostante l’art. 37 D.Lgs 546/1992 stabilisca un termine ordinatorio di 30 giorni – intercorrono oltre tre mesi, fino ad arrivare ai casi di Trapani, maglia nera con circa 142 giorni di media, seguita da Gorizia, Crotone, Catanzaro con tempistiche tra i 100 ed i 120 giorni. Alla luce di questi ritardi, comunque, la situazione non va meglio nel resto dell’Italia, se si considera che, mediamente, sia alla CTP che alla CTR occorrono non meno di 50 giorni (50,5 alla prima e 55,9 alla seconda) per emettere una sentenza. Eccezione che conferma la regola è quella della virtuosa Forlì, con un lasso di tempo medio tra l’ultima audizione delle parti e l’emissione della sentenza di circa 2 settimane. A questa tempistica, poi, si aggiunga quella dell’evasione della pratica di comunicazione alle parti del dispositivo ad opera della cancelleria, che si esaurisce in 3 giorni. Aggregando i dati elaborati dalla Direzione della Giustizia Tributaria del dipartimento delle finanze, quindi, emerge una situazione nella quale su 103 collegi di primo grado solo il 16,5% di questi rispetta il termine ordinatorio di 30 giorni per il deposito della deliberazione. Ancora peggiore il dato afferente la tempistica registrata in sede di gravame, se si considera la media di 55,9 giorni necessari dall’ultima comparizione in giudizio per la definizione della controversia, con un’incidenza dell’ottemperanza al disposto normativo assestata su appena il 4,76%, che, se scomposta nell’analisi condotta sul coefficiente elaborato dal Ministero delle Finanze TMds (tempo medio di deposito della sentenza), fa rientrare nello scaglione tra i 30,1 ed i 60,1 giorni il 57,14% delle CTR, con il solo organo della Valle d’Aosta in grado di sentenziare – mediamente – in 23,2 giorni. A questo punto, un accenno pare necessario anche al tema della durata complessiva del processo tributario, calcolato nella relazione in commento alla stregua di tempo medio espresso in giorni che intercorre dalla data di deposito del ricorso presso la commissione adita alla data di spedizione del dispositivo alle parti processuali, stimato anche qui sull’elaborazione di un coefficiente denominato TMproc (tempo medio del processo). Orbene, se i 142 giorni dalla data dell’ultima udienza necessari alla CTP di Trapani per il deposito della sentenza erano sembrati eccessivi, ebbene, questi inciderebbero poco meno del 14% sul dato medio derivato dall’aggregazione della tempistica calcolata su base nazionale insistente sul complesso della giustizia tributaria di primo grado, alla quale occorrono quasi 1000 giorni (928,1 per l’esattezza) ad istruire e concludere un contenzioso. Per quanto concernente le CTR, il processo dura mediamente 1/3 meno del precedente grado (630,9 giorni). Il paragone sopra approntato è volutamente azzardato, in quanto – al di là dei casi particolarmente eclatanti che meriterebbero una trattazione separata – sulla materia si dovrebbe probabilmente intervenire, oltre che nel complesso delle regole a presidio del contenzioso fiscale e tributario, anche sulle dotazioni organiche assegnate al giudice speciale. Per la particolarità della materia trattata e la delicatezza degli interessi in gioco, Parlamento e Governo dovrebbero prendere la mosse da questi dati e farsi un bell’esame di coscienza, onde evitare che la cronica inefficienza della giustizia italiana diventi una terribile consuetudine, con l’inaccettabile conseguenza che un contribuente, indipendentemente dalla legittimità o meno delle pretese erariali, anziché attendere tre anni per il primo ed altri due per il secondo grado di giudizio paghi e zitto, con buona pace dell’erario ma con indubbio sprezzo dello stato di diritto. (S.C. per NL)