In particolare l’AGCM (nel provvedimento del 1997, PI1454) si era pronunciato sulla ingannevolezza di un articolo pubblicato sul settimanale “Topolino” dal titolo “Il Cavallino torna a casa” che trattava delle attività della Ferrari e che riproduceva in una foto a corredo dell’articolo, raffiguranti alcune persone del team Ferrari, vari marchi tra cui quello della Philip Morris.
Per l’AGCM l’articolo esaminato non è pubblicità.
Infatti, per l’AGCM nell’articolo prevalgono le “caratteristiche giornalistico-informative, rispetto a quelle proprie dei messaggi promozionali”
Secondo l’AGCM, “l’eventuale indiretto richiamo pubblicitario, a favore dei nomi e dei marchi raffigurati nell’articolo, deve essere … considerato come un effetto naturale, non comprimibile, dell’esercizio della libertà di stampa”.
A seguito del provvedimento dell’AGCM il Codacons ha fatto ricorso al TAR.
Nell’interessante sentenza, il TAR, che ha sostanzialmente ripreso e confermato quanto affermato dall’AGCM, ha effettuato una puntuale ricostruzione dei casi e delle ipotesi di pubblicità occulta o non trasparente, vietata dall’attuale Codice del Consumo. In particolare il TAR si è soffermato sull’ipotesi di “pubblicità redazione”, caratterizzata dal fatto che si “rivolge al pubblico con le ingannevoli sembianze di un normale servizio giornalistico, apparentemente riconducibile ad una disinteressata scelta della redazione”.
Per il Tar l’inammissibilità della pubblicità c.d. “redazionale” richiede la distinzione tra le comunicazioni che sono – di fatto e di sostanza – informazione giornalistica e i messaggi che hanno, viceversa, contenuto pubblicitario nascosto in un contesto solo apparentemente informativo.
Distinzione particolarmente delicata poiché richiede il bilanciamento di due interessi contrapposti: la difesa dei consumatori e del mercato da una parte e la salvaguardia della libertà di stampa dall’altra.
La natura pubblicitaria di una comunicazione va ricercata – secondo il Codice del Consumo – nella presenza di “uno scopo di promuovere la vendita di beni … oppure la prestazione di opere o di servizi”: fine che è evidentemente incompatibile con quello, giornalistico, di fornire un’informazione obiettiva.
Naturalmente se mancano “prove dirette circa la presenza di uno scopo promozionale (in carenza, cioè, di prove storiche del rapporto c.d. di committenza, che di tale scopo costituisce l’ordinario fondamento)” l’Autorità potrà affidarsi ad elementi presuntivi – naturalmente, gravi, precise e concordanti – riscontrabili nel testo redazionale e nel modo di presentarsi.
Nel caso specifico l’AGCM primo, il TAR oggi hanno escluso la presenza di prove dirette di uno scopo promozionale nell’articolo e di elementi presuntivi – gravi, precisi e concordanti – atti a ricondurre l’articolo apparso su Topolino alla fattispecie di pubblicità redazionale.
La presenza, quindi, del marchio Philip Morris nella foto a corredo dell’articolo non è elemento rilevante ai fini della valutazione del caso in esame, stante l’autonomina dello stesso rispetto all’articolo giornalistico e considerando anche che le scritte erano graficamente defilate e non sempre leggibili.