Consorzi DAB: dopo l’euforia delle attribuzioni dei diritti d’uso, si comincia a fare i conti con modelli di sostenibilità e prime defezioni

ricevitore radio appeso, attribuzioni dei diritti d'uso

Il settore radiofonico italiano, alla luce delle trasformazioni tecnologiche, del cambiamento delle abitudini degli utenti e degli sviluppi normativi in corso, si trova a un bivio cruciale dopo le prime attribuzioni dei diritti d’uso ai consorzi DAB locali.
Il processo di transizione dall’analogico FM al digitale, trainato dall’affermazione della tecnologia numerica via etere e dallo sviluppo della distribuzione disintermediata delle piattaforme over the top – con le conseguenze determinate dalla moltiplicazione dell’offerta e dalla concorrenza dello streaming on demand -, rappresenta una sfida epocale, non solo in termini tecnologici, ma anche in relazione alla sostenibilità dei modelli di business della filiera radiofonica.
Parliamo dei fornitori di contenuti, di servizi, di prodotti e dei consorzi titolari delle reti di distribuzione digitale via etere (o quantomeno dei diritti d’uso). Soggetti chiamati necessariamente ad interagire per tenere a galla la medesima barca.
Dopo l’euforia dell’attribuzione dei diritti d’uso ai consorzi DAB locali sta sorgendo l’inevitabile e prevedibile interrogativo: quanti attori hanno realmente riflettuto sulle implicazioni economiche a lungo termine dei loro progetti?

Lezione dalla banda 700 MHz: un passato non troppo distante

La non lontana esperienza del refarming della banda 700 MHz, che ha interessato il settore televisivo, avrebbe dovuto offrire importanti spunti di riflessione preventiva.

Mancata capitalizzazione

Eppure, nonostante le similitudini nei processi normativi, regolamentari, tecnologici, editoriali e commerciali, molti operatori radiofonici sembrano non aver capitalizzato le lezioni apprese.

Criticità strategiche

L’assegnazione dei diritti d’uso per le reti DAB locali, basata su modelli derivati dal digitale terrestre televisivo (DTT), ma aggravati dal fatto che nel caso di quest’ultimi si ha a che fare con strutture più snelle, quali sono gli operatori di rete puri – più agevoli di enti consortili affaticati dall’assunzione di decisioni che presuppongono processi decisionali lunghi ed articolati -, ha infatti evidenziato criticità strategiche.

Difficoltà prevedibili, ma non previste

Difficoltà peraltro prevedibili (ed infatti da noi esposte criticamente sin dall’esordio della scelta del modello consortile), ma, purtroppo, non sempre considerate a sufficienza.

La luna…

Le procedure di assegnazione dei diritti d’uso DAB+ si configurano come un mix tra quelle per gli operatori di rete DTT ed i fornitori di servizi di media audiovisivi (FSMA).

…  ed il dito

Tuttavia, con grave sottovalutazione, l’attenzione si è, in molti casi, concentrata prevalentemente sugli aspetti tecnici e regolamentari, trascurando il nodo cruciale: la sostenibilità economica dei progetti nel lungo periodo.

Il ruolo dei modelli di business: dalla teoria alla pratica

Un consorzio DAB, per sua natura, è una società consortile con scopo mutualistico, ma compatibile con finalità di lucro. Questo implica la necessità di definire modelli di business solidi, in grado di reggere al decorso del tempo, che vadano oltre l’immediato soddisfacimento dei requisiti per le attribuzioni dei diritti d’uso.

L’esempio televisivo

La lezione appresa dal DTT è chiara: i pochi operatori di rete nazionali e regionali che hanno saputo strutturare economie di scala, dotandosi di efficienti sistemi di commercializzazione e promozione dei servizi, hanno ottenuto un vantaggio competitivo significativo, sia in termini di punteggi nei bandi sia nella gestione economica successiva (un esempio virtuoso sono le società di intermediazione di capacità trasmissiva, sorte dopo il refarming).

Repetita (non) iuvant

Eppure, nonostante l’esperienza televisiva e quella del lungo periodo di sperimentazione tecnica, molti consorzi radiofonici locali sembrano ripetere errori già osservati in ambito DTT, sposando modelli di business poco adatti alle loro reali capacità operative ed economiche, affrontando il mercato senza un’adeguata esposizione della loro missione ed organizzazioni commerciali, tecniche e logistiche snelle ed efficienti.

Costi insostenibili e ripensamenti strategici

Infatti, in ambito televisivo, già dopo poco più di un anno dalle assegnazioni dei diritti d’uso e dalla collocazione della capacità trasmissiva, avevano iniziato a manifestarsi le prime difficoltà. Diversi fornitori di contenuti, che avevano sottoscritto contratti di trasporto sulle ali dell’entusiasmo delle sedute pubbliche degli FSMA si sono trovati, in breve tempo, in situazioni di insostenibilità economica, causate da una valutazione superficiale dei costi e dall’assenza di progetti editoriali e commerciali in grado di reggere il confronto su un mercato estremamente competitivo e reso ancora più tale dalla moltiplicazione dell’offerta.

Alleanze, rotture e ristrutturazioni

Ciò, se in qualche caso ha portato ad alleanze strategiche tra operatori di rete, in molte più numerose circostanze ha condotto a risoluzioni contrattuali, rinunce di titoli FSMA/LCN ed a conseguenti ristrutturazioni forzate.

Lezione deserta

Questa lezione fondamentale sembra essere stata disertata dai radiofonici: solo ora, in troppi casi, ci si chiede come i consorzi possano garantirsi sostenibilità nel tempo.

La follia del recinto

In particolare, i modelli che escludono la vendita di capacità trasmissiva a soggetti esterni rischiano di essere intrinsecamente fragili, poiché si basano esclusivamente sui contributi dei soci che, a quanto risulta a Newslinet, in molti casi si stanno già disimpegnando davanti alla prospettazione degli investimenti necessari (e previsti dai piani prodotti per le attribuzioni dei diritti d’uso).

Prospettive grigie

E parliamo del momento immediatamente successivo alle attribuzioni dei diritti d’uso. Figurarsi dopo.

L’opportunità dei nativi digitali

Un elemento chiave per garantire la sostenibilità dei consorzi DAB di emittenti locali (che, ripetiamo, hanno una forma giuridica differente da quella degli operatori di rete DTT, che sono essenzialmente strutture commerciali) è rappresentato dai nativi digitali, cioè quegli editori indipendenti (quasi sempre) sorti per operare solo in ambiente digitale.

Modelli differenti

Questi soggetti sono geneticamente  differenti dai concessionari soci consortili: da una parte non godono, per esempio, delle misure di sostegno ex DPR 146/2017 e non accedono (per ora) alle rilevazioni d’ascolto che consentono l’inserimento nei circuiti pubblicitari nazionali; tuttavia, allo stesso tempo, non sono appesantiti dalla doppia gestione impiantistica (FM+DAB) e sfruttano una elasticità nativa, insita nella novità di cui sono portatori.

Autonomia economico-finanziaria

Per questo, spesso, esordiscono già con soluzioni di differente sostegno economico-finanziario, essendo non raramente espressioni laterali di altre attività che attraverso la distribuzione radiofonica digitale alimentano il core business.

Guardare all’esterno

E proprio questi soggetti possono offrire un’importante fonte di ricavi per i consorzi locali, portando linfa economica dall’esterno.

Scetticismo già all’indomani delle attribuzioni dei diritti d’uso

Per converso, negli ultimi mesi, si è osservato un crescente scetticismo da parte degli editori, in primis quelli comunitari, sulle scelte effettuate per aderire a determinati consorzi: la mancanza di una visione strategica condivisa; l’assenza di modelli inclusivi che tengano conto delle reali esigenze del mercato e schemi gestionali elefantiaci ed ingessati (se non, qualche volta, in odore di conflitto d’interessi), stanno generando dubbi crescenti.

Lezione dal digitale: integrazione e scalabilità

Per garantirsi una sostenibilità la soluzione è sempre la stessa: uscire dai recinti (anche degli schemi di pensiero) ed aprirsi al mercato, adottando modelli scalabili, flessibili ed inclusivi, capaci di attrarre (a vario titolo) la più vasta gamma di attori possibile.

La filiera

Parliamo, ovviamente, dei fornitori di servizi di media radiofonici indipendenti e delle interfacce con il variegato universo delle aziende che possono trovare, nella radiofonia digitale, sbocchi espressivi della loro attività primaria.

Riflessioni finali

Il passaggio al digitale via etere è un gate imprescindibile per il settore radiofonico; ma richiede un cambio di paradigma nella progettazione dei modelli di business. La sostenibilità non può essere vista come un elemento accessorio, ma deve diventare il fulcro di ogni decisione strategica.

Le sfide future

Solo così i consorzi DAB potranno affrontare con successo le sfide future, garantendo un’offerta di qualità e una solida base economica.

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