Tra il 2011 ed il 2012, dopo il forfait di Audiradio, il settore radiofonico rimase per un lungo periodo senza dati d’ascolto, con effetti devastanti per le pianificazioni pubblicitarie in un periodo già marchiato dall’avanzare della crisi economica. Poi, con l’avvio di Radio Monitor, dopo un inevitabile lasso temporale di assestamento causato dall’avvicendarsi di un diverso istituto pur attivo su una tecnica di rilevazione molto simile, il settore si stabilizzò e, nonostante la presenza di limiti d’affidabilità statistica anche rilevanti determinati dal ridotto campione e da una metodologia decisamente anacronistica (indagini telefoniche nell’epoca della profilatura assoluta), la stabilità del flusso di dati consentì di riprendere con regolarità le pianificazioni pubblicitarie e le necessarie correzioni di palinsesto funzionali al riscontro del pubblico. E’ però notizia di questi giorni che a breve avvierà la propria attività una nuova società per le rilevazioni d’ascolto partecipata solo da editori radiofonici e associazioni degli stessi (fuori quindi gli investitori e le concessionarie). In pratica, una versione peggiorativa del fallito modello Audiradio, che, in luogo del miglioramento di un modello esistente, riuscirà a coniugare l’ennesimo esempio di italico conflitto d’interessi (il controllato che controlla il controllore) con presumibile indotto di duplicazione (se non moltiplicazione) di dati foriera di una confusione di cui veramente si farebbe volentieri a meno. O forse no, se è vero che, per dirla con Giuseppe Tomasi di Lampedusa, la facoltà di ingannare se stessi è il requisito essenziale di chi vuole guidare gli altri.