“Non so se sia il momento migliore per vendere frequenze che valgono molto mentre i soldi scarseggiano”, ha dichiarato il viceministro allo Sviluppo economico con delega alle Telecomunicazioni, Antonio Catricalà a riguardo dello stallo in cui è finita la gara per l’assegnazione del dividendo digitale interno.
Ha ragione: se l’asta avesse luogo in questo momento, i canali ritagliati da Agcom per i player minori e per i nuovi entranti sarebbero assegnati a (veri o sedicenti) squattrinati operatori per quattro peperoni, senza beneficio alcuno per le disgraziate pubbliche saccocce. Non ha ragione: quelle frequenze non valgono affatto “molto”. Quelle che valevano di più, infatti, hanno da tempo preso altre strade dopo la reformatio in peius della riserva frequenziale, da cui lo Stato s’aspettava d’incassare, in tempi migliori, 1,2 miliardi di euro (poi progressivamente ribassati fino agli attuali 0,1 miliardi).