Il Presidente Agcom Angelo Marcello Cardani ha presentato al Parlamento la Relazione annuale, documento in cui l’autority relaziona le attività svolte e analizza l’andamento del settore delle comunicazioni.
Nel 2016, si legge nel documento, il settore inverte la tendenza negativa degli anni precedenti e, con un ricavo di 53,6 miliardi di euro, cresce del +1,5% e mantiene costante l’incidenza sul PIL di 3,2 punti percentuali (con le telecomunicazioni che pesano per l’1,9%, i media per lo 0,9%, e i servizi postali per lo 0,4%).
A realizzare un risultato positivo è soprattutto il segmento delle telecomunicazioni, i cui ricavi coprono il 60% del totale (31,9 miliardi di euro, di cui 31% da mobile e 29% da fisso) seguito dai media (televisione, radio, editoria e Internet), con un’incidenza sul totale pari al 28% (corrispondente a circa 14,7 miliardi di euro) e, infine, i servizi postali, con un’incidenza del 13% (circa 7 miliardi di euro).
Riguardo al comparto dei media in particolare, nella relazione si legge che “è possibile ravvisare, per il primo anno, un’inversione di tendenza caratterizzata da un aumento (rispettivamente dello 0,2% e del 3,9%) dei ricavi complessivi”, ma mentre “la componente radiotelevisiva cresce del 6,5%, continua a perdere risorse il comparto dell’editoria (-6%), seppur a un tasso inferiore rispetto al recente passato. L’online, al contrario, continua a espandersi (+14,8%), peraltro con un tasso ancora maggiore rispetto all’anno precedente”. Ponendo il focus sulla televisione (che è il medium principale per l’informazione), pur risentendo della contrazione generale della crescita del settore comunicazioni, il comparto televisivo è quello che ha subito le perdite minori, mostrando importanti segnali di ripresa nel 2016. La relazione stima che “il valore delle risorse complessive del settore televisivo torni ad attestarsi sopra gli 8 miliardi di euro, in virtù di un incremento del 7% rispetto al 2015; con la raccolta pubblicitaria che rappresenta la principale fonte di finanziamento (oltre il 40% del totale, pari a circa 3,5 miliardi di euro, riconducibili per il 90% alla Tv in chiaro), seguita dalla vendita di offerte televisive (36% dei ricavi complessivi), che nel 2016 diminuisce la propria incidenza sul totale di quasi 2 punti percentuali, in favore dei fondi pubblici, i quali costituiscono un’ulteriore e rilevante fonte di introiti per il settore (pesando sul totale per il 23%)”.
Le quote dei ricavi del segmento tv sono distribuite tra gli operatori: per la tv in chiaro, Sky ha una quota di ricavi del 32%, Rai del 30% – soprattutto grazie agli introiti relativi al canone, aumentati del +17% – e Mediaset del 28%, seguite a distanza da Discovery (2,4%) e Cairo Communication (1,7%); per la pay tv Sky predomina con il 77% della quota-ricavi, accompagnata da Mediaset al 21%.
Ciò che più ha caratterizzato il 2016, secondo AgCom, sono state le operazioni di concentrazione e consolidamento, riferendosi alla fusione tra Hutchinson (H3g) e VimpelCom (Wind); al controllo congiunto di Metroweb da parte di Enel, Open Fiber e Cdp; al passaggio del gruppo Finelco da Rcs (Cairo) a Rti (Finivest); alla nascita di GEDI dalla fusione del gruppo Espresso con Itedi; all’accorpamento di BSkyB, Sky Deutchland e Sky Italia.
La relazione non poteva tacere della complicata faccenda Mediaset-Vivendi, soprattutto in relazione alla parallela acquisizione del controllo di fatto in Telecom da parte dell’azienda francese: in merito a ciò, AgCom – che è intervenuta con provvedimenti sanzionatori- sottolinea che “si tratta del primo caso nella storia in cui l’Autorità si è trovata ad applicare la normativa specifica e cionondimeno abbia agito tempestivamente al fine di chiarire le regole a garanzia della concorrenza e del pluralismo nei mercati di riferimento”. (P.B. per NL)