Comunicato OdG Mi
Milano, 18 dicembre 2006. Il Consiglio dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia ha inflitto la sanzione della sospensione di 12 mesi al giornalista professionista Luica Fazzo, già inviato speciale di “Repubblica” per i rapporti anomali e distorti mantenuti per due anni con il n. 2 (Marco Mancini) del Sismi. Dice l’articolo 54 della legge 69/1963: “La sospensione dall’esercizio professionale può essere inflitta nei casi in cui l’iscritto con la sua condotta abbia compromesso la dignità professionale”. La delibera è esecutiva.
Nell’articolo apparso nell’edizione 18 luglio 2006 del “Corriere della Sera” si poteva leggere: “Il Sismi cerca di capire cosa pubblicheranno i quotidiani attraverso i giornalisti che seguono per mestiere i Servizi. Nessuno di questi è indagato. Il 10 maggio il capocentro Sismi di Milano, colonnello Gerli, comunica a Mancini che un giornalista di Repubblica, l’inviato milanese Luca Fazzo, gli ha preannunciato un articolo sul carabiniere del Ros che ha confessato il sequestro. «Alle 22.20 il giornalista chiama Mancini e gli anticipa che l’indomani sarà pubblicato anche un articolo pesante (firmato da Giuseppe D’Avanzo, ndr), che gli riassume e che subito dopo gli invia per fax»”. Nell’articolo pubblicato il 19 luglio 2006 da “Repubblica” si poteva leggere: “Alle 22.20 del 10 maggio, il giornalista di Repubblica Luca Fazzo chiama Marco Mancini e gli anticipa che l’indomani sarà pubblicato un articolo pesante il cui contenuto gli riassume e che subito dopo gli invia per fax. Alle 9.34 del giorno successivo ancora il giornalista chiama Mancini, commenta con lui gli articoli, apparsi sui quotidiani di quel giorno e l’attività di alcuni suoi “colleghi” (“E’ come se si fosse creato un circuito che si autoalimenta, in cui alcuni hanno i loro cazzi da sistemare… Colpiscono te per colpire il direttore”)”.
Il Consiglio afferma la piena responsabilità di Luca Fazzo, protagonista di episodi (non solo quello dell’invio via fax di un articolo di un collega al n. 2 del Sismi) che dimostrano la sua sudditanza nei riguardi del Servizio segreto militare. La linea difensiva si può riassumere così: “Per svolgere il suo lavoro in tali situazioni, Luca Fazzo ha necessariamente avuto contatti, assolutamente leciti, con esponenti dei servizi segreti ed ha utilizzato tali rapporti per trovare e scrivere notizie sul suo giornale. Luca Fazzo aveva importanti fonti nei servizi segreti, ma non era affatto fonte di questi: è emerso dalle indagini penali, infatti, come Luca Fazzo non avesse alcun rapporto con Pio Pompa. In tale ambito deve quindi essere giudi cato l’invio del fax a Mancini”. Fazzo precisa: “Ho mandato quel fax soltanto per tenere salda una fonte che forniva a Repubblica notizie importanti, di cui Repubblica si è giovata per due anni.Ezio Mauro è un direttore presente e meticoloso, legge il suo giornale fino all’ultima riga. E per due anni ha potuto, quantomeno, leggere in articoli a firma di Luca Fazzo notizie la cui provenienza dai servizi era evidente, se non altro perché spesso i servizi – in particolare il Sismi – erano indicati senza giri di parole come fonti dell’articolo..Dunque, Repubblica sapeva e pubblicava. Certo, non conosceva i nomi e i cognomi delle mie fonti al Sismi. Avrei dovuto comunicarli? Credo proprio di no, se ogni norma deontologica mette ai primi posti dei doveri del giornalista la tutela delle proprie fonti. Ed è ovvio che è una tutela che vale anche all’interno del giornale, vis to che quello che Mauro si aspettava – così vi ha raccontato – non era una confidenza a tu per tu, ma una “messa in comune”, una rivelazione della fonte nella riunione di redazione:
Ezio Mauro, invece, prospetta un’altra verità, credibile, che non demonizza l’utilizzazione dei servizi come fonti corrette: “Io non ero assolutamente a conoscenza di questi rapporti e come me non ne erano a conoscenza i colleghi della direzione. Non esisterà nessuna traccia, noi eravamo – come è evidente degli avvisi di garanzia mandati dalla procura di Milano – intercettati dagli amici di Fazzo a nostra insaputa. … non c’è mai una mia telefonata, non c’è una mia mail, non c’è nulla in cui io gli chieda di muoversi in quegli ambienti. Voglio precisare, e poi torno subito al punto, che naturalmente si possono frequentare per lavoro i servizi segreti come fonte e non necessariamente bisogna comportarsi in modo infedele nel proprio giornale e in modo sleale verso i propri colleghi altrimenti noi potremmo consegnare le chiavi de lla nostra deontologia e smettere di occuparcene. Se tutti i colleghi che si sono occupati nella storia del giornalismo e che si occupano oggi di servizi segreti dovessero per questo diventare infedeli nei confronti del proprio giornale, spiare i colleghi e trasmettere ad un’altra entità con cui – tra parentesi ma nel caso in questione è così, il giornale era in conflitto perché le nostre inchieste ci hanno portato in conflitto con questi signori e quindi in patente e conosciuta situazione di conflitto – il collega sceglie quella struttura e quel potere invece del suo giornale, quindi è una cosa inconcepibile. Si può benissimo occuparsi di Servizi ed essere puliti nel fare il proprio mestiere; puliti nei confronti dei lettori, puliti nei confronti dei propri colleghi, puliti nei confronti del direttore, puliti nei confronti del giornale e di tutta la struttura (questo, detto tra parentesi). Lui avrebbe benissimo potuto occuparsene ed essere un giornalista leale ai suo i doveri professionali tra i quali c’è anche il dovere nei confronti dell’azienda che gli paga lo stipendio, convinto che si tratti di un lavoro in esclusiva – convinto come prevede il contratto che si tratta di lavoro in esclusiva – e che ci sia un accesso al sistema informatico interno del giornale dove sono posti via via tutti i pezzi nella convinzione che si lavora per un’opera intellettuale collettiva dove il lavoro viene diviso ed è nello stesso tempo a disposizione di tutti in un presupposto di buona fede.. Ma la lettera che lui mi ha fatto sul piano personale è una lettera che aveva scarsissimi elementi di difesa rispetto alla gravità di quello che era successo; una sottovalutazione assoluta di quello che era successo tanto che lui sembrava non doversi difendere, non sentire il bisogno di difendersi e poi nella lettera lui sottolinea di avere avuto – cosa non richiesta, cosa che non era contestata dai fatti – oltre a Mancini e tutte queste persone qua, anche incontri con Pollari “che stimo tantissimo”, eccetera, eccetera. Quando lui è venuto poi a parlarmi degli incontri con Pollari “che stimo tantissimo” gli ho detto «Senti una cosa, io lo ricordo che qualche volta, due forse tre, ti ho trovato qui in redazione che era probabilmente prima o dopo, o prima e dopo i tuoi incontri con Pollari e non hai mai sentito il bisogno di informarmi di questo?… Comunque, presidente, nel punto specifico, guardandoci in faccia: io non ho mai saputo né ho avuto elementi; nessuno, né il giornale, né chiacchiere, né indicazioni concrete per dire «Ah, no, ma su questo punto abbiamo Fazzo che può fare verifiche.». Mai, mai, mai! Io non ho mai saputo che c’era quella cosa lì, lui ne ha fatta una gestione privata. Il direttore, la struttura di direzione del giornale non l’hanno mai saputo e la prova del nove, ricavata a posteriori casualmente, è questa cosa qui che addirittura è di quattro o cinque incontri con Pollari. Se tu ti vanti di avere dei rapporti organici scoperti con i Servizi e che il tuo giornale lo sapeva e ti incitava a farlo allora perché quando sei andato dal capo non lo hai detto al direttore prima e dopo? E non gli hai riferito, non hai messo a disposizione del giornale quella cosa lì? O almeno del direttore chiedendogli una gestione confidenziale delle fonti? Magari mi potevi dire «Questa roba matura tra un mese, non dirla a nessuno me ne sto occupando io». Niente, niente, niente. E ti ripeto questo gli è stato con‑te‑sta‑to e non ha detto una parola su questo”.
Anche il Cdr non conosceva i rapporti reali tra Sismi e Fazzo. Ha detto Andrea Montanari: “Quello che è sempre stato noto a noi, ma come a chiunque, insomma, qualsiasi collega può, anche il lettore di Repubblica, dire che il collega Fazzo era del settore della giudiziaria del nostro quotidiano, dopodiché quello che facesse, quali fossero i suoi contatti noi come Cdr non siamo neanche venuti a saperlo.”.
Riassumendo: Luca Fazzo dal 2004 al 2006 ha sviluppato rapporti intensi con Marco Mancini (n. 2 del Sismi) conosciuto tramite Giuliano Tavaroli (capo della sicurezza Pirelli/Telecom). Tavaroli per lui è un amico di famiglia. Incontrerà “5 o 6 volte”, attraverso Mancini, il direttore del Sismi Nicolò Pollari. Fazzo fu utilizzato da Mancini “per far pervenire” all’editore di Repubblica e dell’Espresso, Carlo De Bendetti, “la notizia dell’arrabbiatura del Sismi” per via di un articolo del settimanale del gruppo.
Nella lettera a Ezio Mauro del 18 luglio 2006, Fazzo scrive: “E’ successo un paio di volte che Mancini mi abbia chiesto di sapere cosa Repubblica avrebbe pubblicato il giorno successivo. A queste richieste ho sempre risposto in modo generico e senza comunicare nulla di rilevante o in grado di danneggiare il giornale. In un solo caso ho comunicato in anticipo al Sismi il contenuto di un articolo non ancora pubblicato. Si trattava del mio articolo sull’interrogatorio del maresciallo Luciano Pironi, indagato per il sequestro di Abu Omar. Mi rivolsi al servizio per chiedere se c’erano stati rapporti tra Pironi e il servizio stesso, e ne ebbi risposta negativa. Poi l’articolo, come ti è noto, venne stoppato su richiesta del dottor Spataro, che era stato anch’e gli informato della pubblicazione imminente”. Conclude Fazzo: “E’ tutto. Mancherei di lealtà a Marco Mancini se non ti dicessi che lo considero a tutt’oggi un servitore fedele di questo Stato e .con parola desueta – un patriota. Degli eventuali illeciti che possa aver commesso risponderà lui. I miei rapporti con Mancini sono stati quelli di un giornalista con la sua fonte, una fonte che lavorava per la sicurezza del nostro Paese e che affrontava sulla sua pelle rischi che ben pochi avrebbero affrontato. Te lo dico perché lo dirò anche ai magistrati nel caso che davvero decidano di interrogarmi”.
Su quest’ultima confessione di Fazzo – la lettera a Mauro è una confessione con ammissione di colpevolezza – Mauro ha così riferito il colloquio con Fazzo, mentre aveva sotto gli occhi la lettera del 18 luglio: “”Mancherei di lealtà a Marco Mancini.”. Eh, ma non ti preoccupi mica di aver mancato di lealtà nei confronti del giornale? “Mancherei di lealtà a Marco Mancini.”? e la lealtà nei confronti del giornale non viene prima di tutto? “Se non ti dicessi che lo considero a tutt’oggi un servitore fedele di questo Stato e (.ESPRESSIONE ININTELLIGIBILE.) un patriota”. Sì è una lettera personale che io ho. Dopodiché, se posso fare una parentesi, è chiaro che con questa lettera lui meritava il licenziamento in tronco.”.
Fazzo non è protagonista, come si pensava, soltanto dell’episodio di aver spedito via fax l’articolo di un collega al n. 2 del Sismi. Ricevendo notizie spesso esclusive dagli uomini dei servizi, ne era condizionato fino al punto di essere utilizzato da Mancini come corriere di un “messaggio” minaccioso diretto al suo editore. Fazzo non si rendeva conto che il Sismi lo “alimentava” per farlo crescere nel suo giornale al fine poi di ottenere a sua volta favori sotto forma di informazioni privilegiate. Mancini era in grado di chiedergli notizie particolari alle quali, dice, dava risposte generiche. E chi può garantirlo? Luca Fazzo – che con la sua lettera a Mauro ha confermato il fondamento dell’accusa – ammette di fatto di avere tenuto un rapporto distorto con il suo giornale e ha strumentalizzato la professione giornalistica, ponendosi al servizio del Sismi e piegando l’esercizio della libertà di stampa (con la trasmissione via fax dell’articolo di un collega al n. 2 del Sismi) a fini estranei ai doveri di indipendenza e autonomia, lealtà e buona fede, osservanza delle leggi e rispetto dei lettori propri di chi svolge una funzione di pubblico interesse, qual è quella del giornalista professionista mediatore intellettuale tra i fatti e i cittadini. Nella lettera a Mauro, Fazzo scrive: “Non credo che esistano norme pre cise e codificate sui rapporti tra i giornalisti e le loro fonti, men che meno sui rapporti con fonti particolari come sono quelle dell’intelligence”, mentre l’articolo 1 della legge 801/1977 afferma che “In nessun caso i Servizi possono avere alle loro dipendenze, in modo organico o saltuario, ..giornalisti professionisti”. Questa norma, che vale anche sul rovescio, vieta ai giornalisti professionisti di lavorare, comunque, anche se in forma indiretta ed episodica, per i Servizi segreti civili e militari. Nella Carta dei doveri del giornalista si legge: “La responsabilità del giornalista verso i cittadini prevale sempre nei confronti di qualsiasi altra. Il giornalista non può mai subordinarla ad interessi di altri e particolarmente a quelli dell’editore, del governo o di altri organismi dello Stato .. Il giornalista non può acc ettare privilegi, favori o incarichi che possono condizionare la sua autonomia e la sua credibilità professionale”. Fazzo ignorava e ignora questi obblighi e questi doveri.
“Ogni norma deontologica – afferma Fazzo – mette ai primi posti dei doveri del giornalista la tutela delle proprie fonti”. Il segreto professionale sulle fonti fiduciarie è esterno, non interno. Il cronista non svela le sue fonti a nessuno (magistrati compresi). Il segreto professionale, secondo la Corte di Strasburgo, è un pilastro del buon giornalismo, perché contribuisce a garantire ai cittadini le informazioni su tutto quello che accade nei Palazzi del potere. Il segreto professionale, però, non può essere opposto al proprio direttore, garante dell’autonomia della redaz ione e punto di riferimento deontologico dei redattori, come questo Consiglio ha avuto modo di affermare in plurime occasioni. Fazzo sbaglia, quando sostiene il contrario e sbaglia ancora quando afferma: “Avevo creato con il Sismi un rapporto di fiducia nell’interesse del giornale”. La delicatezza e i rischi di quel rapporto, insolito per i cronisti, dovevano far scattare in Fazzo l’esigenza di ottenere il sostegno del suo direttore.
In particolare il giornalista professionista Luca Fazzo:
a) ha strumentalizzato, come rilevato, la professione giornalistica, ponendosi al servizio del Sismi (in contrasto con le finalità di cui all’articolo 1, primo comma, della legge 801/1977) e piegando l’esercizio della libertà di stampa (con la trasmissione via fax dell’articolo di un collega al n.2 del Sismi) a fini estranei ai doveri di lealtà e buona fede, osservanza delle leggi e rispetto dei lettori propri di chi svolge una funzione di pubblico interesse, qual è quella del giornalista professionista mediatore intellettuale fra i fatti e i cittadini.
b) ha violato l’obbligo di esercitare con dignità e decoro la professione (articolo 48 della legge 69/1963 sull’ordinamento della professione di giornalista), assoggettando la sua libertà di cronaca e di critica a interessi esterni (con violazione del comma 2 dell’articolo 21 della Costituzione) fino al punto di “essere tirato per la giacca” in ogni momento da Marco Mancini;
c) ha violato il principio dell’autonomia professionale (affermato dall’articolo 1, comma 3, del Cnlg 2001/2005), venendo così meno al dovere di promuovere la fiducia tra la stampa e i lettori (articolo 2 della legge 69/1963);
d) non ha rispettato la sua reputazione e la dignità dell’Ordine professionale (articolo 48 della legge professionale 69/1963);
e) ha tradito, con comportamenti sleali, il rapporto di fiducia con il direttore, i redattori e l’editore di “la Repubblica” in un momento in cui apparati deviati del Sismi controllavano il quotidiano e in particolare due giornalisti, impegnati sul fronte delle indagini sulle attività illegali dello stesso Servizio segreto militare;