L’iniziativa è di altissima levatura morale. Mira, se non a risolvere, per lo meno a dare un valido contributo per combattere il digital divide, l’abissale differenza che, ad oggi, esiste tra paesi industrializzati e paesi poveri (non necessariamente terzo mondo..) nell’uso e nella disponibilità delle tecnologie. Verrebbe spontaneo obiettare: ma con la crisi idrica che coinvolge mezza Africa (e non solo), la fame nel mondo, le malattie epidemiche, è davvero così utile “informatizzare” la gente meno fortunata di noi e, nello specifico, i bambini? La tecnologia è sinonimo di benessere, ma potrebbe anche divenire un viatico nella strada verso il benessere. E allora perché non provare e vedere cosa succede? Il progetto in questione è partito poco più di un anno fa, ma oggi pare concretizzarsi in virtù di accordi tra multinazionali che hanno consentito un vistoso abbassamento dei costi. Il piano prende il nome di “One Laptop per Child” ed è stato promosso dal magnate Nicholas Negroponte, con l’intenzione, appunto, di far avvicinare all’apparato informatico e alle enormi potenzialità della rete, coloro per cui questo mondo appare ancora lontano anni luce. I pc sono stati prodotti dall’azienda taiwanese Quanta, e funzioneranno con il sistema operativo Linux, libero e senza costi. Il costo totale è risultato essere leggermente più alto rispetto alle attese (ci si attendeva 100 euro, è stato spostato a 150, ma si prevede una nuova diminuzione), ma l’operazione si farà. Molti paesi hanno già aderito all’iniziativa, dal Brasile alla Nigeria, dall’Argentina alla Thailandia, dato che sarà lo Stato a finanziare il tutto e a distribuire, poi, ai bambini più bisognosi (si spera). Ma un problema sorge: si era parlato inizialmente di pc provvisti di manovella per far sì che l’alimentazione fosse totalmente autonoma, ma in seguito si è optato per la classica batteria ricaricabile, quella dei nostri normali pc portatili, tanto per intenderci. Ed ecco, nei luoghi sprovvisti di energia elettrica (tutt’altro che sprovvisti, però, di bambini poveri) come faranno questi bambini a ricaricare il proprio pc? Si rischia che una nobile iniziativa come questa finisca per risultare un nulla di fatto a causa di una piccola, ma fondamentale imperfezione. Vedremo se i progettisti saranno in grado di ovviare a questa problematica. Intanto, è importante sottolineare quelli che sono i finanziatori del progetto (in collaborazione con gli Stati interessati): la News Corporation di Rupert Murdoch e grandi aziende del settore informatico (Google, Amd, Brightstar, Red Hat). Assente, colui che viene considerato (chissà quanto a ragion veduta) il mecenate dei più bisognosi: Bill Gates. Il magnate americano non ha preso parte alla raccolta di fondi e il suo sistema operativo Windows non sarà utilizzato dai computer prodotti. Strano non abbia partecipato, per uno che si è sempre autoproclamato “paladino” dei più deboli. Comunque, Bill Gates a parte, l’iniziativa sembra indirizzata verso una soluzione positiva, nella speranza che risulti davvero utile come i suoi promotori credono fermamente. Resta da risolvere la questione della batteria ricaricabile, a meno che i grandi dell’energia mondiale non si riunissero anch’essi in una joint venture per portare luce e gas nei paesi poveri, sprovvisti di questo fondamentale servizio. Sarebbe cosa buona e giusta.(G.C. per NL)