Compatibilità e.m., CdS: (anche) i Comuni debbono salvaguardare un’efficiente gestione dello spettro radioelettrico

Le incompatibilità elettromagnetiche non sono questioni che devono occupare esclusivamente gli operatori delle comunicazioni elettroniche e gli enti precipuamente preposti, specialmente quando le locali Amministrazioni sono chiamate ad esprimersi sul rilascio di nuove autorizzazioni per l’esercizio di impianti r.e.

E’ questo il principio che emerge da una recentissima sentenza del Consiglio di Stato all’esito di un ricorso in secondo grado proposto da una società titolare di postazioni tlc che aveva impugnato in primo grado una delibera della Giunta Regionale di un Comune della Lombardia relativa all’affidamento in locazione ad un operatore di telefonia cellulare di un’area pubblica limitrofa a quella in precedenza adibita all’istallazione di una stazione radio base al servizio della rete di telefonia mobile. Le motivazioni con le quali l’esponente censurava il provvedimento si basavano – oltre che su questioni istruttorie legate ad una pretesa violazione della L. 241/1990 in merito ala mancata comunicazione di avvio del procedimento amministrativo ai soggetti controinteressati, invero assorbite nella motivazione fornita dal Supremo Collegio con la sentenza n. 372/2010 resa dalla Sesta Sezione – principalmente sul mancato rispetto delle disposizioni di cui all’art. 9 della L. n. 36/2001 “Legge quadro sulla protezione dalla esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici” laddove “(…) vincola il Comune ad individuare il luogo in cui collocare gli impianti di comunicazione per esigenze di efficienza del servizio e tutela della salute” (Cfr. Cons. Stato sent. n. 372/2010) e dell’art. 4, comma 11, L.R. Lombardia n. 11/2001 “Norme sulla protezione ambientale dall’esposizione a campi elettromagnetici indotti da impianti fissi per le telecomunicazioni e per la radiotelevisione” che impone agli enti territoriali “di promuovere iniziative di coordinamento e razionalizzazione della distribuzione delle stazioni al fine di conseguire l’obiettivo di minimizzare l’esposizione della popolazione compatibilmente con la qualità dei sistemi, con effetto sull’opportunità di assecondare la concentrazione degli impianti” (Cfr. Cons. Stato, cit.). Ulteriormente, la ricorrente lamentava un difetto d’istruttoria in quanto l’attivazione del traliccio dell’operatore concorrente dava luogo a situazioni di interferenza che il Comune avrebbe dovuto accertare preventivamente al rilascio dell’autorizzazione. Soccombente in primo grado, la società gestrice della postazione r.e. adiva il Supremo Organo della giustizia amministrativa, trovando in questa sede conforto alle censure riproposte pedissequamente rispetto al giudizio di prime cure. Nel valutare la fondatezza delle doglianze di gravame, infatti, il Consiglio di Stato citava ampi stralci della perizia del consulente tecnico della parte appellante, nella quale si accertava il pregiudizio subito dal gestore della postazione r.e. adiacente alla nuova installazione assentita dal Comune, che disturbava le emissioni degli operatori ospitati, vieppiù limitando indebitamente la possibilità di attivare ponti radio. In proposito, il Collegio adito in ultima istanza non condivideva le conclusioni alle quali era giunto il Giudice territoriale che aveva “escluso l’esistenza in capo all’ente locale di ogni doveroso esercizio dell’attività di controllo in ordine alla corretta localizzazione degli impianti di telecomunicazione nell’ambito del proprio territorio, agli effetti di un proficuo utilizzo ed esercizio degli stessi”, rientrando nei compiti di tale P.A. anche quelli relativi “(…) alla razionalizzazione della distribuzione degli impianti sul territorio (…), alla tutela di zone di maggiore pregio paesistico e ambientale (…) ed alla minimizzazione dell’esposizione ai campi radioelettrici della popolazione residente” (cfr. Cons. Stato, cit.). Ulteriormente, nel caso in esame, veniva altresì alla luce una non secondaria questione relativa all’utilizzo dello spettro r.e. di riferimento illegittimamente lasciata dal T.A.R. Lombardia in balia di una eventuale diatriba tecnico – amministrativa tra i diversi operatori ospitati nei due tralicci, ovvero alle previste azioni civilistiche a tutela del possesso in caso di indebita occupazione della banda di frequenza. Infatti, nel caso all’esame dell’Autorità Giudiziaria Amministrativa veniva alla luce “un impedimento alla corretta irradiazione del segnale causato dall’interposizione materiale della struttura metallica dell’antenna realizzata” dall’operatore di telefonia mobile, successivamente all’impresa gestrice del traliccio preesistente. In buona sostanza, conseguendo le installazioni a due differenti provvedimenti amministrativi contrastanti per gli effetti di una carente valutazione del livello di occupazione dell’etere condotta dal Comune interessato, la potenziale situazione di interferenza lamentata dall’impresa gestrice del traliccio ospitante più operatori rispetto all’operatore di telefonia che aveva attivato i propri ripetitori in tempo successivo, doveva indurre l’Amministrazione ad un doveroso accertamento preordinato al rilascio del titolo autorizzatorio necessario per un’installazione contigua a quella precedentemente assentita. Di particolare interesse, infine, anche la disciplina delle spese statuita dal Consiglio di Stato che, rompendo la consolidata prassi della compensazione, caricava i costi processuali nella misura del 50% ciascuno al Comune ed all’operatore tlc soccombenti. (S.C. per NL)

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