Roma – No ai blogger anonimi, no ai commenti anonimi in rete: Cisco, scottata da una torbida storia in cui si intrecciano cause legali ed effetto network, impone nuove regole alla quali dovranno sottostare i propri dipendenti che intendono esprimersi in rete.
Tutto ha avuto origine con l’avvento di Patent Troll Tracker, anonimo blogger che dal marzo 2007 smascherava con perizia i cosiddetti patent troll, soggetti che si impossessano di brevetti solo per rivendicarne le royalty e reclamare compensi da altre aziende. Patent Troll Tracker si era scagliato con vigore contro uno studio legale che intendeva impugnare questa strategia contro Cisco.
C’era persino una taglia a pendere sull’anonimato di Patent Troll Tracker: le pressioni di coloro che aveva nominato sul proprio blog lo avevano costretto a svelare la propria identità. Aveva ammesso di essere Rick Frenkel, responsabile della divisione proprietà intellettuale di Cisco. Su di lui e sull’azienda per cui lavora si sono abbattute delle accuse di diffamazione: è stato costretto a chiudere al pubblico il proprio blog e dovrà risponderne in tribunale, a fianco di Cisco.
L’azienda, a differenza di quanto accaduto per altre imprese, ha evitato di compiere mosse mediaticamente pericolose per la propria reputazione e non ha imposto restrizioni ai propri dipendenti. Cisco, in quanto membro del Blog Council e investitore nel quadro del social networking aziendale, ha invece ribadito di credere nel blogging come strumento per dialogare in maniera multidirezionale con la molteplicità dei propri stakeholder. Ha quindi preferito ammettere di aver appreso delle lezioni importanti e di essere intenzionata a comportarsi di conseguenza, regolamentando per i propri dipendenti le pratiche di interazione con la rete.
Cisco ha spiegato di dover ristabilire la trasparenza e il controllo su quanto si dice in rete riguardo alle policy e alle strategie aziendali: non si ammetterà che impiegati anonimi parlino di Cisco senza rivelare la propria identità e i propri rapporti con l’azienda. Analogamente a quanto raccomandano altre società, Cisco ha imposto che gli impiegati che in rete parlano del proprio lavoro debbano rendere nota la propria posizione e includere una dichiarazione nella quale svincolano Cisco da ogni responsabilità riguardo a quanto dicono.
L’azienda, specula qualcuno in rete, spera forse in questo modo di evitare che i propri dipendenti, coperti dall’anonimato, si dimostrino troppo spavaldi e si lascino sfuggire informazioni riservate. Cisco ha assicurato non voler in alcun modo comprimere i diritti dei propri dipendenti e di incoraggiarli a levare la propria voce in rete: l’identificazione obbligatoria è una indispensabile questione di responsabilità e di trasparenza o un bavaglio per scoraggiare i liberi pensatori?
Gaia Bottà