"Ci manca solo che chiuda Radio Radicale! Il panorama informativo del nostro Paese sarebbe veramente nei guai".
E’ il commento di Francesco Rutelli al consueto pianto triennale di Pannella & C. (nella foto Emma Bonino) alla scadenza della convenzione con lo Stato per la trasmissione dei lavori parlamentari (tra le 8.00 e le ore 21.00, almeno il 60% del numero annuo complessivo di ore dedicate dalle Camere alle sedute d’aula) in simulcasting con GR Parlamento, la rete RAI la cui costruzione era stata avviata nel 1997, in ossequio al contratto dei servizio tra RAI e Stato di cui al dPR 29/10/1997 che, all’art. 14, impegnava la concessionaria pubblica a realizzare, a partire dal 01/01/1998, il servizio previsto dall’art. 24 c. 1 della L. 223/1990. Una norma, quella del 1997, che imponeva (assurdamente) alla concessionaria pubblica di svolgere – assemblando una rete in FM apposita (acquistando frequenze dai privati, visto che di libere non ve ne erano) – l’identico servizio già attuato dai radicali, prima con autofinanziamento (do you remember Radio Parolaccia del 1986?) e dal 1995 attraverso la convenzione di cui al DM 21/11/1994 (rinnovata fino ad oggi). Rete di diffusione in verità mai terminata, perché bloccata a metà dell’opera, a seguito dell’applicazione dell’art. 1 c. 2 della legge 224/1998; e meno male, vien da dire, vista la qualità degli impianti rilevati dal management della concessionaria pubblica fino a quel momento. Ad ogni modo, il risultato lo conosciamo tutti: dal 1997 gli italiani pagano due volte lo stesso servizio. A Radio Radicale, cui sono assegnati quasi 13 mln di euro annui (8,33 milioni di euro per la citata convenzione e 4,43 milioni euro dai fondi per l’editoria) e a GR Parlamento per un mezzo servizio che pure evidentemente è sostenuto coi soldi pubblici (i radicali stimano che costi circa 7 mln di euro all’anno). Anzi, a ben vedere gli italiani pagano anche per il simulcasting dei lavori parlamentari attraverso il satellite (coi canali dedicati alle sedute parlamentari) e il web. Una ridondanza da fare invidia, insomma. Intanto Pannella può dormire sonni tranquilli (semmai si sia veramente agitato per la cosa, stante lo scontato epilogo), visto che ben 202 senatori di tutti gli schieramenti hanno già firmato un emendamento alla legge finanziaria 2010, predisposto dagli stessi radicali per la prosecuzione della convenzione, che garantirà la sopravvivenza della loro radio. La quale, con la legge 230/1990 (cucitagli addosso, come si può leggere), è stata riconosciuta come “impresa radiofonica che svolge attività di informazione di interesse generale”. Siamo in Italia, bellezza. Ci rileggiamo tra tre anni. Alla faccia di Esopo.