Esiste, in rete, una sorta di buco tecnologico, che permette a chiunque ne abbia voglia, di aprire una casella di posta elettronica con le generalità di un’altra persona, il più delle volte ignara, ed utilizzarla per qualsiasi fine, anche illecito. E’ successo così che il signor S.P., residente ad Erba, ha visto, un bel giorno di prima mattina, entrare i poliziotti in casa sua, buttarlo giù dal letto e domandargli come mai dall’indirizzo di posta elettronica di suo figlio fossero giunte delle minacce ad un deputato della Lega Nord. Il signor P., però, non ne sapeva nulla di questa storia, né tantomeno suo figlio. E, per fortuna, è riuscito subito a dimostrarlo. E’ partita così la caccia al “corvo” informatico che, sotto lo pseudonimo di F. B., aveva diffamato il parlamentare. Era il 2001, tempo d’elezioni, e la “camicia verde” in questione era Cesare Rizzi, esponente brianzolo del Carroccio. Il presunto F.B., infatti, aveva diffuso, in piena fase di campagna elettorale, una sorta di pamphlet “satirico” che descriveva le attitudini del candidato leghista, mettendolo, evidentemente, in cattiva luce. C’è di più: dopo la denuncia contro ignoti, presentata da Rizzi, il “corvo” aveva inviato al denunciante delle mail (dall’indirizzo di C. M. P., figlio di S.) contenenti frasi del tipo “perché te la prendi tanto?in fondo ti abbiamo fatto solo una critica politica…”. Gli inquirenti, riusciti a risalire all’indirizzo di posta di P., avevano fatto irruzione in casa sua, incappando nel tranello dello scambio di persona. Dimostrata la sua estraneità ai fatti, P. era stato avvicinato, mesi dopo, da un tizio che, appoggiato alla sua auto all’uscita dal lavoro, gli aveva confidato di essere lui F. B., la causa di tutti i suoi mal di testa. In qualche modo, poi, gli inquirenti sono riusciti ad arrivare a quest’uomo (o per lo meno, ora credono sia lui, ma dopo l’irruzione in casa P. occorre prendere tutto con le molle: egli, infatti, continua a negare), nonostante S.P. non avesse cercato di fermarlo al momento del loro incontro. Ora G.C. è stato rinviato a giudizio, accusato di sostituzione di persona e violazione della legge sulla privacy. La sentenza è prevista per il 10 luglio, con la speranza che non si sia verificato un altro scambio di persona. (Giuseppe Colucci per NL)