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Roma – Chi ha bisogno di canali televisivi sparati in banda larga sul proprio computer? Non certo la setta emergente di quelli che la televisione non la guardano proprio: le partite al pub sono più divertenti perché i commenti dei presenti mantengono un po’ di gioco dove i giochi sono scomparsi da tempo. I film? Quando non è necessario vederli al cinema si affittano ad un euro e per l’informazione, su Internet c’è solo l’imbarazzo della scelta, rigorosamente pull, faidatè, anzi faidamè. Me la scelgo da solo: le news di Google, rassegna stampa veloce, sfaccettata e poliedrica; Punto Informatico, qualche altro sito e poi all’arrembaggio dei blog (testo, audio e video): più esatti, completi e taglienti di qualsiasi giornale.
Ma, a parte chi non ha la televisione, che dire di chi non ha Internet o la usa poco o niente? Deve contare su videoteche, megastore dai costosi dvd e la vecchia televisione analogica che in qualche anno chiuderà i battenti perché poco efficiente nello sfruttamento dello spettro radio, oppure su quella digitale e satellitare. Chi non ha Internet insomma guarda quello che passa il convento e paga per guardare quello che gli piace ma anche tutto ciò che non vede, non segue e non interessa. Sono loro, ora, quelli a cui si vorrebbero far spendere altri 37 euro al mese per un’Alice 20 Mega, per poter così guardare le cose che pagano già 34 euro al mese per vederle via satellite o che spendono per le rate del televisore ultimo grido.
Tutto questo ha un senso e se ce l’ha che senso ha? Le risposte sono (quasi) tutte racchiuse in una intervista a Riccardo Ruggero, amministratore delegato di Telecom Italia, e in una analisi critica fornita da uno dei più acuti guru delle TLC italiane.
A leggere bene tra le righe si ha la sensazione che qualcuno stia cercando di spacciare contenuti come se l’utente avesse sempre più tempo a disposizione per fruirne.
Background, Numeri, Big Picture
La fonte più autorevole e semplice che ho trovato per fornire e illustrare i numeri è contenuta nel Primo Rapporto Annuale sulla Strategia i2010 della UE. Tra l’intervista citata, il commento autorevole, e il sito del programma i2010, si hanno tutti i numeri necessari.
Nel Rapporto si legge che la produttività dell’Unione “resta mediocre” ma che “è opinione comune che le tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni siano un fattore chiave per la crescita”. Ed è proprio qui che entra in gioco l’IPTV. Infatti, sostiene il Rapporto: “Esistono, tuttavia, alcune tendenze positive. La convergenza digitale si sta trasformando finalmente in realtà”, dove convergenza nel dettaglio diventa: “Gli operatori di telecomunicazioni e di reti via cavo propongono servizi convergenti come le offerte denominate triplo gioco oppure la televisione via internet. Le entrate assicurate da questi servizi, tuttavia, non permettono di compensare le perdite subite dai servizi vocali, mentre la crescita complessiva del giro d’affari delle comunicazioni elettroniche rallenta”.
Scendiamo finalmente nel dettaglio italiano.
Ruggero, e se lui dà questi dati ci possiamo credere, ci dice che in Italia ci sono 25 milioni di linee telefoniche, 12 milioni di utenti internet di cui solo 8 a banda larga, e che “da questi dati emerge che nel giro di un paio d’anni, il mercato andrà verso la saturazione” mentre “grazie alla concorrenza, le tariffe continueranno a calare”.