Pare una sorta di Allende-30 anni dopo. E’ il caso del presidente venezuelano Hugo Chavez (foto), da quasi nove anni alla guida del suo Paese, al termine di due regolari elezioni (non è una cosa così scontata da quelle parti), vinte con un plebiscito. La sua vicinanza ai temi politici del castrismo, la sua personale amicizia e l’unità d’intenti raggiunta con l’ormai anziano dittatore cubano, sono costati al presidente l’estrema ostilità da parte degli Stati Uniti. E, quindi, di tutto quello che una volta era chiamato “il blocco occidentale”. Tra i tanti temi proposti dai media americani, e ripresi puntualmente dall’informazione europea, per indebolire la figura di Hugo Chavez, l’ultimo è quello della libertà d’informazione. Gli Usa, per tradizione, hanno sempre affidato ogni comparto della propria industria al libero mercato, alle società di capitali e, di conseguenza, ai privati. Anche la tv e la radio, massime fonti d’informazione assieme ai quotidiani, sono nate come broadcaster privati, commerciali, al contrario di ciò che è successo in Europa (e non solo), dove è stato quasi sempre lo Stato e gestirle, almeno agli inizi. Questo perchè negli Usa è sempre esistito uno Stato in grado di bilanciare i poteri (a volte eccessivi) capitalisti e di comportarsi come una sorta di garante della concorrenza, legiferando e facendo in modo che tutti rispettassero le leggi. Nella loro ottica la decisione di Chavez di cancellare la trasmissione in chiaro della rete commerciale Rctv (perché, poi, tutti i media occidentali dicono che Rctv è stata rasa al suolo mentre è stata “solo” portata sul satellite?) può essere apparsa come un attentato alla tanto sbandierata libertà d’espressione e di stampa. Il presupposto da cui partono, invece, i media latinoamericani, da sempre in bilico tra poteri diversi e contrari, impossibilitati a dire ciò che pensano se questo è in disaccordo con ciò che pensano i propri padroni, è che, data la corruzione dilagante nel continente e decine e decine d’anni d’esperienza maturata nel settore, sia proprio l’informazione commerciale e quindi privata ad essere maggiormente soggetta alla corruzione ed alla manipolazione delle notizie. In molti Paesi dell’America Latina lo Stato non è abbastanza forte da riuscire a far fronte a poteri (spesso stranieri, statunitensi in gran parte) che esulano da quelli governativi ma che finiscono per “contare” più di questi. L’occidente non è, probabilmente, in grado di comprendere cosa voglia dire riuscire a gestire ed a bilanciare poteri ed interessi così grandi, contrastanti e corrotti, in una situazione in cui la fame e la miseria finiscono per essere i motori che spingono la gente in una direzione piuttosto che in un’altra. Il Sud America, e molte altre zone del globo lo capiscono benissimo.
In un articolo a firma del sottoscritto, apparso sulle pagine di newslinet.it lo scorso 28/05, era stata duramente attaccata la decisione di Chavez di chiudere Rctv, dopo averne letto notizia su alcune delle principali fonti italiane d’informazione istituzionale, facenti capo ad agenzie statunitensi. Era stato, successivamente, corretto il tiro delle affermazioni fatte in precedenza, dopo aver avuto modo di consultare altre fonti, non istituzionali, ma di grande attendibilità.
In Venezuela, sostanzialmente, secondo dati provenienti da Caracas e non da presunti inviati comodamente seduti sulle proprie poltrone americane, vi erano quattro emittenti nazionali, a carattere commerciale, dichiaratamente d’opposizione (Rctv, Globovision, Venevision, Televen, leggere articolo sull’argomento, pubblicato da newslinet.it del 29/05) e non solo due come affermato da gran parte dell’informazione (inizialmente era solo una, prima che si venisse a sapere dell’intenzione di Chavez di chiudere anche Globovision, divenuta, in seguito, un secondo martire per gli organi d’informazione occidentali). Al momento della chiusura di Rctv, i media si sono letteralmente scatenati, dando a Chavez del “dittatore comunista”, del “liberticida”, del “violatore dei diritti umani”. Ed hanno rincarato la dose al momento della diffusione della notizia che il presidente avesse intenzione di far chiudere anche l’altra voce dell’opposizione. Pochi, tra questi giornalisti, conoscono probabilmente quella che è la reale situazione che vige in Venezuela ed in tutto il Sud America, di quanto la Cia e certa informazione americana (attenzione, non tutta) s’impegnino giornalmente per screditare i governi filo-socialisti dell’America latina, di quanto la libertà di stampa e d’espressione rappresentino un bene prezioso ma estremamente volatile in questi Paesi. Per questo, alla fine dei conti, le uniche fonti che finiscono per risultare attendibili sono quelle provenienti dai Paesi stessi, dal Venezuela nel caso in questione. Chavez (fonti: www.gennarocarotenuto.it, grande esperto di politica e società sudamericana, presente a Caracas al momento degli scontri e www.peacereporter.net, portale d’informazione indipendente, molto attivo nel Sud America con esperti ed inviati sul posto) ha dichiarato di non avere intenzione di rinnovare la licenza per Globovision: ogni anno, in tutti i Paesi del mondo, centinaia d’emittenti chiudono i battenti perché i Governi non rinnovano loro le licenze/concessioni. E’ stato calcolato che un’emittente su dieci chiude, annualmente, per questo motivo, senza che nessuno gridi al golpe o all’attentato contro la libertà d’espressione. Tranne che nel caso del Venezuela. Così ha affermato il presidente riguardo Globovision: “Voglio avvertire il popolo venezuelano, i nemici della patria, specie quelli dietro le quinte. Vi chiamo per nome, Globovision. Deciderete fino a che punto spingervi, se volete, esortando alla disobbedienza, incitando all’omicidio. Raccomando loro di prendere un tranquillante affinché si calmino. E se non lo faranno sarò io a calmarli”. Queste sono le parole di Chavez, riportate testualmente ed integralmente, come non tutte le testate hanno fatto.
Ci preme sottolineare, in ogni caso, il nostro fermo disaccordo nei confronti di qualunque decisione che miri a penalizzare la totale libertà d’espressione, specie per quel che concerne le voci alternative a quelle governative o istituzionali. Certo è, tuttavia, che il caso di Rctv è molto più complesso di quanto non si creda, e la reale veemenza con la quale essa incitava al golpe ed all’assassinio del presidente Chavez resta, tuttora, ignota per noi occidentali (o, comunque, non esperti di queste tematiche). Chissà cosa succederebbe, però, se il Presidente americano George Bush vedesse giornalmente una tv presente su tutto il territorio nazionale minacciare la sua incolumità, spingendo il suo popolo verso un colpo di stato. (Giuseppe Colucci per NL)