L’assedio della telefonia mobile alla scuola italiana è, sempre più frequentemente, motivo di dibattito. I fatti alla base delle polemiche sarebbero almeno tre: l’esponenziale aumento della diffusione di cellulari tra gli studenti, dentro e fuori dalle scuole; l’infrazione di regolamenti fondamentali sull’utilizzo degli apparecchi telefonici anche da parte di alcuni docenti; i provvedimenti educativi scelti dai genitori degli alunni, che talvolta possono agire, più o meno involontariamente, anche sulle decisioni didattiche di alcuni professori.
Come dimostrato dalle continue ricerche sulla materia, l’Italia è il paese con la più alta infiltrazione di cellulari al mondo e, di conseguenza, un paese con una percentuale di traffico giornaliero telefonico ben oltre le aspettative (e purtroppo ben oltre le nostre speranze). L’eccesso, di cui è in qualche modo vittima la nostra penisola, non solo continua a minacciare l’istruzione scolastica, ma sta progressivamente creando un ambiente condiviso da studenti ormai legati in modo pressoché simbiotico al proprio telefonino. Di conseguenza i problemi si estendono in modo capillare a tutto il sistema scolastico, generando disguidi, magari inimmaginabili fino al giorno precedente, ai quali sempre più di fretta (quindi a volte male) si cerca di porre rimedio. Al centro della questione vi sono i fantomatici sms ed mms, veicoli di distrazione e, più che altro, di suggerimenti e consigli utili durante esami, verifiche e rocambolesche interrogazioni. Il fenomeno sembra impossibile da contrastare al punto che lo stesso Ministero della Pubblica Istruzione ha redatto prima, nel 1998, una circolare ministeriale in merito ad uso e abuso del cellulare nelle scuole (da parte però della classe docente) e poi, nell’anno corrente, un decalogo di linee guida a proposito sia dell’abuso dell’apparecchio incriminato, sia delle eventuali sanzioni disciplinari relative all’argomento in oggetto. Il testo del 1998, consapevole della crescita del “fenomeno mobile”, ma forse non ancora abbastanza efficace, recitava così: “E’ stato segnalato a questa amministrazione che l’abitudine all’uso della telefonia cellulare si sta diffondendo anche nel mondo della scuola. La questione è stata peraltro oggetto di una interrogazione parlamentare nella quale viene denunciato l’utilizzo del cosiddetto “telefonino” da parte dei docenti anche durante le ore di lezione. E’ chiaro che tali comportamenti – laddove si verifichino – non possono essere consentiti in quanto si traducono in una mancanza di rispetto nei confronti degli alunni e recano un obiettivo elemento di disturbo al corretto svolgimento delle ore di lezione che, per legge, devono essere dedicate interamente all’attività di insegnamento e non possono essere utilizzate – sia pure parzialmente – per attività personali dei docenti”.
Nel giro di nemmeno 10 anni la circolare è diventata legge. Sempre più ragazzi e sempre più giovani (si arriva perfino alle elementari) utilizzano il telefonino impropriamente e nelle ore scolastiche creando disturbo e distrazioni ai compagni, con suonerie o videogiochi, e provocando effetti collaterali anche sui docenti, alcuni dei quali purtroppo consentono e tollerano; altri al contrario vietano, imponendo anche severe (ma pur sempre utili, nella maggior parte dei casi) sanzioni disciplinari. E di sanzioni parla anche esplicitamente il decalogo del 15 marzo 2007, redatto dal Ministro della Pubblica istruzione Giuseppe Fioroni. Al punto 2 del suddetto regolamento infatti è scritto che: “La violazione di tale divieto (dell’uso di cellulari appunto) configura un’infrazione disciplinare rispetto alla quale la scuola è tenuta ad applicare apposite sanzioni”. E al punto 3 si prosegue con: “Si ribadisce che le sanzioni disciplinari applicabili devono essere individuate da ciascuna istituzione scolastica autonoma all’interno dei regolamenti di istituto in modo tale da garantire, con rigore ed in maniera efficace, il rispetto delle regole, della cultura della legalità e della convivenza civile”.A questo punto potrebbe risultare interessante osservare alcuni noti episodi, citati dalla stampa, relativi agli effetti positivi e collaterali, derivanti da punizioni applicate con rigore agli studenti in fallo. L’edizione online del Corriere (www.corriere.it), durante i primi giorni di agosto di quest’anno ha pubblicato un lungo articolo in merito. Il punto della questione, in quel caso, era un genitore che, informato di una ramanzina ai danni della figlia sull’abuso telefonico durante le lezioni, avrebbe accusato lo stesso docente di repressione. La crescente assurdità sviluppatasi intorno al problema non poteva che fare notizia, creando fermento nell’opinione pubblica che, sebbene si mostri basita di fronte a certi episodi, nasconde esponenti della popolazione adulta che, con l’intento di proteggere i propri figli, chiude erroneamente un occhio su questioni morali estremamente delicate e alla base dei rapporti civili oltre che della propria istruzione. A difesa non dei docenti, ma dell’istruzione, si fa sentire anche l’Inghilterra: a giugno, la National Association of Schoolmasters Union of Women Teachers, la più grande associazione di insegnanti del Regno Unito, ha deciso di classificare i telefonini come armi potenzialmente pericolose. Ed il pericolo qui si è fatto sentire di più: riprese video amatoriali di vario tipo (si includano anche i generi più scabrosi o hard) sembrano essere all’ordine del giorno e vengono poi diffuse, e velocemente pubblicate su YouTube o siti analoghi e condivise in modo troppo veloce e, di conseguenza, incontrollabile. A questo proposito il governo anglosassone ha istituito un’apposita task force composta da docenti, ministri e rappresentanti delle più note società di telefonia mobile, con l’intento di monitorare e gestire, o almeno arginare il problema. Le preoccupazioni sembrano essere arrivate anche in paesi, solo in apparenza, meno sviluppati. Il caso è quello dell’India: lo stato indiano di Karnataka ha deciso di vietare la vendita di cellulari a soggetti di età inferiore ai 16 anni. L’obiettivo dichiarato sarebbe quello di preservare i giovani dai pericoli delle onde elettromagnetiche (anche se nessuno studio scientifico ha ancora certificato i relativi e ipotetici danni), ma la speranza è quella che il divieto fosse solo una scusa per estirpare alla base il fenomeno di sovra diffusione degli apparecchi.
L’istruzione si deve considerare minacciata da questi fenomeni e deve impegnarsi a trovare modi e metodi non troppo coercitivi, al fine di ottenere soluzioni funzionali. Del resto i cellulari possono anche essere usati in modo molto efficace (anche se a quanto pare non è la regola), non solo per telefonare, ma anche, tra le altre cose, per fare indagini di tipo sociologico. L’esempio è fornito dalla Cooperativa Spazio Giovani di Monza che, in occasione di un sondaggio tra teenager, studenti per la maggior parte, ha sfruttato in modo non invasivo i cellulari: in modo del tutto casuale venivano spediti sms ai ragazzi dove si chiedeva quale fosse l’attività in cui erano impegnati in quel preciso momento. Chi vi scrive ha partecipato, anche attivamente, alla conferenza organizzata per presentare i risultati di questo studio ed è consolante sapere che le attività più diffuse in questo frangente erano, per fortuna, lo studio, lo sport o la pratica della proprie attività artistiche. (Marco Menoncello per NL)