Ad aggiungersi alla già folta schiera dei pareri favorevoli al matrimonio Mediaset-Endemol (o comunque, di quelli che non ci vedono nulla di male) c’è anche quello autorevole di Pier Luigi Celli, direttore generale dell’Università Luiss di Roma ed ex d.g. della Rai. Secondo Celli non ci sarebbe nulla di male nell’acquisto di Endemol da parte di Mediaset, sarebbe sbagliato, perciò, demonizzare l’accaduto e puntare il dito contro la mancanza d’autonomia dell’azienda di Stato. Sembra davvero, a questo punto, che questo intricato affare che tanto ha fatto parlare di sé, abbia scatenato una spirale di buonismo dilagante (certo, non controproducente, anzi…) per cui, siccome sarebbe troppo facile tacciare di scorrettezza sul mercato, o comunque di manipolazione dello stesso, Mediaset e tutti coloro che hanno partecipato all’affare, la quasi totalità degli esperti e meno esperti che hanno detto la propria sull’argomento, si è schierata a favore di un’operazione che (secondo molti) farà bene al mercato italiano della comunicazione, senza creare problemi alla corretta competitività e concorrenza. Questo, seppur un palliativo, non è certo un fattore negativo, ma è difficile prevedere ciò che succederebbe se mai tutte queste speranze dovessero essere disattese.
Tornando al Celli-pensiero, ciò che egli sostiene è che la Rai farebbe meglio ad allargare i propri confini (mentali, non nazionali), smettendola di pensare sempre alle continue beghe che si trova ad affrontare in casa propria e guardando di più ad assumere una dimensione più industriale, per adeguarsi alla sfida con Mediaset e alla sfida della nuova legge Gentiloni. Secondo il professore, infatti, la Gentiloni, se approvata, cambierebbe completamente (e in positivo) l’assetto della Rai, portandola a svincolarsi dal chiodo fisso degli ascolti, della guerra con Mediaset, per favorire un approccio che esalti la qualità dei programmi piuttosto che la loro “presa” commerciale. Lo sdoppiamento in Rai commerciale e Rai finanziata dal canone, permetterebbe alla prima di confrontarsi col mercato commerciale, magari facendo concorrenza a Mediaset nel settore di maggiore specializzazione, alla seconda, invece, di divenire autonoma nella ricerca della qualità, della soddisfazione dei cittadini-contribuenti, e magari di innalzare un po’ il proprio livello culturale, crollato vertiginosamente negli ultimi anni a causa della sempre maggiore identificazione con il trash della tv commerciale. Questa autonomia permetterebbe alla Rai, a lungo andare, di divenire artefice del proprio destino e, magari un giorno, battere i concorrenti con format sfornati direttamente dagli uffici dei creativi di viale Mazzini. Questo, per ora, è soltanto un sogno. (Giuseppe Colucci per NL)