Ci volevano due mostri sacri come Celentano e Benigni per risollevare la Rai e riportarla in corsa per la vittoria del nono periodo di garanzia (quello in cui gli investitori pubblicitari monitorano gli ascolti delle emittenti per decidere come gestire gli investimenti) consecutivo. Quest’anno sembrava davvero spacciata l’azienda di Stato, dopo il susseguirsi di sconfitte in termini di share che ha dovuto mandar giù, a beneficio dei rivali del Biscione. Ora, con la discesa in campo di questi due grandi personaggi, le cose potrebbero prendere una piega differente.
Ha esordito lunedì scorso Celentano, con una prima serata un po’ anomala, tanto per quanto riguarda i contenuti, la grafica e la scaletta del suo show, quanto per l’arco di tempo che ha occupato: poco più di un’ora e mezza per motivi che potremmo definire etici, una sola pausa pubblicitaria, e fine della trasmissione intorno alle 22.40. Per la gioia di Vespa, che ha potuto usufruire di un ottimo traino.
In termini di share, Celentano è stato, come sempre, una garanzia. La gallina dalle uova d’oro di casa-Rai non ha tradito le attese, giustificando il cachet spropositato (si parla di 700 mila euro per una sola puntata) che Del Noce (con cui pare aver stretto un patto di non belligeranza, dopo il fuoco e fiamme seguito alla “prima” di Rockpolitik, due anni fa) gli ha concesso. Il molleggiato, che ha approfittato dell’occasione per fare una reclamizzazione gratuita (anzi, retribuita) e amplificata del suo nuovo disco, appena uscito, è riuscito a portarsi a casa un 32,29% di share, che porta ossigeno a Raiuno, dopo un autunno un po’ troppo caldo. Non solo, Insinna e il suo “Affari tuoi” hanno superato di ben 4 punti percentuali (anch’essi dopo una serie negativa abbastanza lunga) i rivali di “Striscia” e Vespa, andato in onda decisamente prima rispetto all’orario canonico, ha battuto Mentana in surplas, trainato dal pubblico di Celentano. Una buona trovata per la Rai, quindi, affidarsi a Celentano per risollevare le proprie sorti, oggi tocca a Benigni contrastare gli ascolti da capogiro de “Il capo dei capi”, ancora di più adesso che Mastella ha riservato una pubblicità gratuita e, forse, involontaria, alla fiction di Canale5.
Capitolo contenuti. Celentano, come al solito, aizza un incredibile alone di polemiche introno alla sua trasmissione. Un po’ perché stupisce sempre un po’ il pubblico con i suoi programmi “sperimentali”, un po’ perché senza carta bianca dalla Rai non si azzarderebbe ad andare sul piccolo schermo, un po’, anche, perché, prima di ideare una trasmissione, si pone sempre degli obiettivi da colpire e, se gli ascolti vanno bene, affondare. La retorica, la sua volontà di colpire l’attenzione del cittadino medio, il suo tono sempre tra il sarcastico e lo stralunato, fanno di Celentano un campione di demagogia. I suoi sermoni, le sue invettive, i suoi appelli, finiscono per risultare sempre un po’ accademici, ridondanti, atti a sbandierare un anticonformismo a volte troppo cercato e poco reale. Ad una seconda analisi, però, il ruolo di Celentano, dato il suo enorme appeal popolare, si inserisce in un discorso politico e sociale ben più impegnato e complesso di com’egli lo pone, ma del quale finisce per fungere da detonatore nei confronti della popolazione media, meno istruita e meno informata. Quella che considera internet una “diavoleria”.
Le canzoni e gli ospiti hanno, comunque, impresso un tono “celentanesco” molto forte all’evento televisivo; la gestione degli spazi scenici e i leit motiv della trasmissione (lenta, molto lenta, per ricordare il filo conduttore di Rockpolitik: “lento” o “rock”), invece, ne hanno fatto quasi una trasmissione sperimentale, d’avanguardia. Da questo punto di vista, certo, “La situazione di mia sorella non è buona” ha assunto una valenza diversa, suscitando grande interesse di critici e fanatici del piccolo schermo. Il ritmo, però, è stato davvero troppo lento: quell’8% che Vespa (alle 22.40, cioè in pieno orario da prima serata) ha perso nei confronti di Celentano è costituito, probabilmente, da tutti coloro che, guardandolo, si sono addormentati. (Giuseppe Colucci per NL)