Entro l’anno il 70% degli italiani dovrebbe essere in grado di ricevere le trasmissioni DTT. E già ora tutte le emittenti abilitate a trasmettere in analogico, se non sono trasmigrate al digitale, sono quantomeno ibride (avendo l’obbligo di trasmettere almeno parzialmente in tecnica numerica).
Ma in questo tripudio digitale c’è un grande assente: Europa 7, la tv che non c’era, che non c’è e che, a questo punto, vien legittimamente da chiedersi se mai ci sarà. Eppure una frequenza nazionale l’editore Di Stefano, concessionario dal secolo scorso, l’aveva ricevuta, quand’anche dopo un lungo braccio di ferro giudiziario col MSE-Com: il canale VHF 8. Ma, per quanto al caval donato non si dovrebbe guardare in bocca, Di Stefano, prima di sellarlo, all’equino regalo aveva pure fatto una radiografia, che ne aveva dimostrato l’incapacità a gareggiare. Così era tornato dai giudici amministrativi per chiedere di annullare il provvedimento di attribuzione della frequenza VHF 8, con la quale sarebbe stato impossibile illuminare l’80% del territorio nazionale, cioè la soglia di copertura dei concessionari nazionali. Consapevole dell’immane pasticcio in cui si era cacciato dieci anni prima, il 25 novembre 2009, cioè il giorno prima dell’udienza al TAR per la trattazione del merito del ricorso, il MSE-Com aveva convocato i rappresentanti di Europa 7 per valutare la possibilità di quadrare il cerchio. Ma il tutto pare sia finito con un nulla di fatto, presumibilmente perché, tra il dire e il fare, c’è il mare burrascoso quando si parla di frequenze. Così il TAR adito aveva rinviato la discussione all’11 febbraio 2010, cioè tra pochi giorni. Per conoscere la fine dell’ennesimo capitolo dell’isola televisiva che non c’è.