Qualcuno l’avrà notato: nelle nuove serie televisive americane, quando un personaggio vuole lanciare un appello, sensibilizzare l’opinione pubblica su un fatto o denunciare qualcosa, non va più in tv o in radio. Chiede piuttosto spazio nel programma di un podcaster di successo.
In effetti, negli USA i podcaster hanno preso il posto delle star dell’intrattenimento radiofonico. O forse no, visto che spesso sono gli stessi conduttori radiofonici che hanno cambiato – o, più spesso, integrato – piattaforma.
Non c’è gara
Ma podcast e radio non sono alternativi: piuttosto sinergici. Uno non sostituisce l’altra, la completa. Il podcast è on demand; la radio è lineare. Il primo è estemporaneo, la seconda continua. Il podcast approfondisce, la radio intrattiene. Uno concentra, l’altra espande.
Confusione
Chiaro? Mica tanto: da noi il podcast è ancora confuso con la catch up radio, cioè la riproposizione online (su richiesta) di programmi già andati in onda. In pratica, si trasmette in prima un programma e poi lo si mette a disposizione online per chi non l’ha fruito o lo vuole riascoltare. Confondere la soluzione catch up col podcast tradisce il concetto stesso di questi, che identifica un programma che nasce on demand ed al più finisce nella diffusione lineare, live.
Prima on demand e poi live. Non viceversa
E’ un principio chiaro alla tv, dove, con sempre maggior frequenza, vediamo serie tv dello streaming on demand approdare in seconda emissione sulla tv tradizionale (lineare).
Prospettive
Non si riesce pertanto a comprendere perché i radiofonici italiani ribaltino la prospettiva anziché assecondare una tendenza che si è rivelata vincente, anche dal punto di vista commerciale.
Sfogliare il fiore
Ma siamo vicini al cambiamento. Basterà un Fiorello qualsiasi a dare il colpo di svolta. Chissà…