Dopo la Finanziaria “lacrime e sangue” dello scorso anno, che vasta parte della società civile aveva portato nelle piazze, la manovra per il 2008 si preannuncia decisamente più “soft”. Meno che per il comparto editoriale, uno dei pochi colpiti dai tagli del governo.
Il decreto legge che si accompagna alla Finanziaria, infatti, prevede la diminuzione dei fondi previsti per il comparto editoriale. Questo, per un’anomalia tutta italiana, risulta beneficiario, nel computo dei contributi diretti ed indiretti, di una cifra che (dati di Beppe Lopez, “La casta dei giornali – Così l’editoria italiana è stata sovvenzionata e assimilata alla casta dei politici”, in uscita in questi giorni) si aggira sui 700-750 milioni di euro annui: una cifra spropositata, da sempre tenuta sotto silenzio (chi ne dovrebbe parlare, i giornali?), fino alla celebre puntata sbugiardante di “Report”, di Milena Gabanelli, dell’aprile di due anni fa. Dall’epoca, infatti, qualcosa si è mosso in questo senso, qualcuno ha portato avanti battaglie per svincolare l’informazione dagli interessi dello Stato. Grillo è stato uno di questi.
I soldi che i giornali prendono dallo Stato, sotto forma di agevolazioni postali, rimborsi carta e crediti d’imposta, mostrano inoltre uno squilibrio (primissime posizioni a parte) tra diffusione degli stessi e contributi ricevuti: se, ad esempio, “L’Avvenire” (quasi centomila copie distribuite giornalmente) riceve quasi il doppio dei finanziamenti che prende “La Stampa” (300.000 copie), il “Secolo d’Italia”(circa 90 mila) beneficia di ben oltre il doppio dei contributi rispetto al “Messaggero” (250.000). E via discorrendo.
La Finanziaria, col chiaro intento pedagogico di combattere questa piaga con strumenti non propriamente rivoluzionari, ha deciso per la linea dell’austherity: meno soldi ai giornali, da subito. Due articoli del sopra citato decreto legge stabiliscono, difatti, la diminuzione del 7% della contribuzione diretta, ad ogni livello, di tutti i contributi nei confronti di ciascuna impresa, nonché la riduzione delle agevolazioni tariffarie riferite alle spedizioni postali (a cominciare da gennaio 2008). In ultima istanza, si prevede un inasprimento delle misure di controllo dei requisiti d’immissione alle agevolazioni: “Le pubblicazioni dedicate prevalentemente all’illustrazione di prodotti o servizi contraddistinti da proprio marchio o altro elemento distintivo”, ad esempio, “sono equiparate ai giornali di pubblicità”, escluse, perciò, dai benefici e dagli sconti.
Insomma, dopo le numerose sollecitazioni il governo pare aver mosso la sua goffa macchina decisionale. Tanti buoni propositi sono stati espressi in questo senso: presto saranno soggetti alla delicata verifica dei fatti. (Giuseppe Colucci per NL)