Il peggio, forse, è scongiurato. Il tanto demonizzato (giustamente) emendamento oscura – web proposto qualche settimana fa dal senatore Udc Gianpiero D’Alia, ed approvato sia alla Camera che al Senato, è stato rivisto e ripresentato da Roberto Cassinelli, membro della Commissione Giustizia della Camera e non nuovo a proposte inerenti il web.
Il controemendamento, già rinominato 50 bis, prevede una sostanziale revisione di alcuni dei passaggi principali del testo di D’Alia, perlomeno quelli che più avevano provocato clamore sui media (che pure erano stati sin troppo cauti nel giudicare l’emendamento). Sarà la Magistratura, e non più il provider, a disporre l’eventuale sanzione nei confronti del sito responsabile di violazioni; e si tratterà di sanzioni che riguarderanno esclusivamente il contenuto e non l’intero portale, a meno che questo non si renda responsabile di reticenza. In sostanza, a meno che questo si rifiuti di cancellare il contenuto incriminato. In particolare, pur restando fermi i principi dell’impedimento nei confronti della rete di pubblicare immagini o articoli che violino la legge o istighino al reato (cosa già di per sé poco chiara), sarebbe la Magistratura a disporre l’eventuale rimozione del contenuto, che dovrebbe essere cancellato entro 24 ore. In caso di ritardo nell’eliminazione, sono previste multe che vanno da 1.000 a 70.000 euro, a carico di colui che l’ha inserito. Solo dopo 3 giorni dalla mancata rimozione, poi, l’organo deputato dovrebbe rivolgersi alla piattaforma che, a quel punto, avrebbe 2 giorni di tempo per provvedere da sé alla cancellazione. Qualora questa non avvenisse nei tempi previsti, infine, a quest’ultima verrebbe imputato il reato d’omissione, con sanzioni dai 10.000 ai 100.000 euro. In sostanza, se su Facebook dovessero riapparire “gruppi” che inneggiano a personaggi come Totò Riina o Bernardo Provenzano, i responsabili sarebbero i creatori del “gruppo” e non il portale. Qualora, poi, questo si rifiutasse di eliminarne i contenuti, allora sarebbe soggetto ad una multa che, seppur salata, non sottrarrebbe agli altri utenti il diritto a continuare ad usufruire dei servizi del portale. Certo è, però, che i contenuti che “istigano a delinquere” o che costituiscono “apologia di reato” scompariranno via via. Anche se, c’è da giurarci, solo dalle piattaforme globali come Facebook o YouTube. L’incertezza che avvolge questi presunti contenuti “fuori legge”, però, rende la questione più delicata di quanto appaia a prima vista. Ed, inoltre, il terreno dei reati d’opinione, specie per quel che riguarda una terra franca come la rete, è comunque abbastanza spinoso. E si rischia facilmente di scivolare nelle valutazioni arbitrarie, nel calcolo politico. Che questo controemendamento Cassinelli sia solo un modo per addolcire la pillola e per zittire le voci contrarie che avevano gridato all’esempio cinese? Il deputato del Pdl, chiaramente, sostiene di no. E come potrebbe altrimenti. “Credo che questo testo – scrive all’interno del suo blog, in cui ha annunciato la proposta di emendamento – sia in grado di coniugare la necessità di impedire l’istigazione a delinquere on-line con la garanzia assoluta di democrazia e libertà in rete, e mi auguro che possa essere approvato con un’ampia maggioranza”. Noi, per il momento, continuiamo a dissentire. (Giuseppe Colucci per NL)